La fede dei socialisti religiosi

In breve sul socialismo religioso

Oltre le dichiarazioni di singoli socialisti religiosi, il movimento ha anche preso posizione collettivamente. Questo avveniva  con i suoi programmi, manifesti, soprattutto in riferiemtno ad avvenimenti politici, e con le risoluzioni che vennero regolarmente approvate nei diversi congressi.

I congressi ebbero luogo:

  • 1919 raduno di Tambach
  • 1924 raduno di Meerburg
  • 1926 II congresso dei socialisti religiosi a Meerburg
  • 1928 IV congresso dei socialisti religiosi a Mannheim
  • V congresso dei socialisti religiosi a Stoccarda
  • 1931 conferenza religioso-sociale a Caub
  • 1932 conferenza religioso-sociale a Bad Boll

I congressi della federazione internazionale ebbero luogo:

  • 1910 a Besançon
  • 1924 a Barchem
  • 1928 a Le Locle
  • 1931 a Lievin
  • 1938 a Eptingen

Documentazione storica

APPELLO DELLA FEDERAZIONE DEI SOCIALISTI RELIGIOSI DI GERMANIA CONTRO UN CONCORDATO CON IL REICH

Le notizie e le voci sulla prevista conclusione di un concordato tra chiese cristiane e il Reich retto dal blocco dei possidenti borghesi si moltiplicano e non accennano a venir meno-. I socialisti religiosi hanno perciò tutti i motivi per dichiarare già da ora chiaramente che essi si impegnarono nella lotta contro la conclusione di un tale concordato.

I socialisti religiosi sono dell’opinione che le chiese debbono essere staccate dallo stato, che le chiese non possono assolutamente apparire come potenze che concludono concordati per assicurarsi vantaggi esterni e possibilità d’influsso.

Tutti i diritti delle chiese nei confronti dello stato basati su questi concordati e tutte le sicurezze della vita ecclesiastica ottenute in questa maniera non procureranno nuova vita e nuovo spirito alla mancanza di forza interna della chiesa.

La necessità delle chiese, e l’importanza delle forze religiose-morali non vengono messe in chiaro delle sicurezze giuridiche nei confronti dello stato, ma il fatto che le chiese proveranno a tutti la loro indispensabilità con il loro annunzio e le loro azioni. Le chiese di Gesù Cristo devono evitare anche la sola impressione di essere interessate alla potenza e all’influsso mondano. Deve essere scopo della chiesa, edificata sul vangelo dell’aiuto ministeriale, divenire una comunità di sofferenti e umiliati che combatte la lotta delle masse oppresse ed essere loro consolazione ed aiuto in tutte le necessità.

Quanto più insignificanti sono le chiese esternamente, tanto più esse sarebbero perseguitate ed oppresse dai potenti dell’attuale stato classista, tanto più esse avrebbero significato, tanto più starebbe sotto la croce di Cristo e tanto più si avvicinerebbe al loro compito di annunciare la parola e la volontà di Dio senza badare se piaccia o no agli attuali detentori del potere.

(Sonntagsblatts des arbeitenden Volkers, 1927, p. 39).

APPELLO DEI SOCIALISTI RELIGIOSI CONTRO IL LICENZIAMENTO DEI METALLURGICI

 

Gli operai e le operaie metallurgiche della Germania centrale si sono opposti alla indigenza economica sempre più oppressiva, che è divenuta tanto più sensibile per la massa operaia con l’aumento dei salari agli impiegati, ed hanno richioesto un aumento adeguato del salario ad ora.

Essi hanno fatto questa richiesta di salario secondo la regolamentare denuncia delle tariffe.

Alla fine delle trattive tra i datori di lavoro e prestatori d’opera la sentenza giudiziale voleva accordare 3 pfennige d’aumento agli operai.

Il ministro del lavoro non poté dichiarare come obbligante questa sentenza. Bisogna aspettare una nuova sentenza per il 22 febbraio.

Ma le industrie metallurgiche, senza aspettare questa nuova sentenza, hanno deciso di portare a termine il licenziamento di almeno 800.000 operai metallurgici. In questo modo più di tre milioni di persone resterebbero senza pane, a causa del profitto.

In singoli distretti, anche della Germania del Sud e della Germania del Nord, gli industriali hanno già comunicato i licenziamenti per il 22 febbraio. Essi vogliono così intimorire le masse degli operai e prepararli ad accettare in ogni caso  la sentenza giudiziale per la quale essi si stanno adoperando per farla risultare a loro favorevole.

L’associazione dei socialisti religiosi di Germania invita tutti i fedeli cristiani a protestare contro questo brutale atto di lotta di classe da parte degli imprenditori.

Essa accusa l’ordinamento capitalista esistente di rendere impossibili i parametri cristiani della vita economica e di immiserire ed annientare, per il profitto, corpo ed anima di milioni di fratelli e sorelle e, di bambini e lattanti. L’associazione dei socialisti cristiani invita le chiese cristiane ad elevare la loro voce contro il licenziamento dei metallurgici, a favore di un adeguato aumento dei salari. Se si dovesse verificare la serrata dei metallurgici, allora tutte le raccolte domenicali e le collette delle chiese cristiane dovrebbero, senza eccezione, andare in favore dei figli dei licenziati durante la durata della serrata. I pastori cristiani dovrebbero adibire il loro influsso nella comunità e nel paese affinché vengano mosse a disposizione delle somme con mezzi pubblici per aiutare efficacemente i licenziati.

I socialisti religiosi si sentono in dovere, quando non sono essi stessi colpiti nel loro tenore di vita dalla serrata, di rinunziare, durante il tempo della serrata dei metallurgici, a tutto ciò che non appartiene al necessario, soprattutto all’alcool e al tabacco, al cinema e ai divertimenti.

Tutto ciò che viene raccolto in questo tempo di digiuno per i fratelli e le sorelle bisognose, verrà rimesso alle organizzazioni assistenziali socialiste dai gruppi locali dell’associazione.

Uomini e donne cristiani! Non dimenticate di essere seguaci di Colui che ha detto “Non potete servire Dio e Mammona”!

Questo , invece, è giusto servizio a Dio;: aiutare gli oppressi, lottare nelle file degli afflitti ed oppressi e rompere la schiavitù del mammone.

19 Febbraio 1928 (Sonntagsblatt des arbeitenden Volkes 9, 1929, p. 37)

Risoluzione contro gli incrociatori corazzati del 1928

Il quarto congresso dei socialisti religiosi protesta contro la costruzione di incrociatori corazzati. Non è solo un comandamento della disponibilità cristiana alla pace, ma anche un’esigenza naturale della politica socialista di riconciliazione di tutti i paese, impedire l’equipaggiamento per la guerra. I socialisti religiosi non possono assolutamente tacere per quest’uso di mezzi pubblici per scopi militari. L’associazione dei socialisti religiosi esprime la speranza e l’ansia che ai rappresentanti politici del partito socialdemocratico riesca di rendere irrealizzabile l’intenzione dei gruppi borghesi capitalisti di costruire strumenti di guerra.

Dichiarazione del IV Congresso dei socialisti religiosi di Germania del 1928

Noi socialisti religiosi dichiariamo nuovamente la nostra più profonda adesione alla lotta del popolo lavoratore per la realizzazione del socialismo. La partecipazione a questa lotta risulta dalla nostra appartenenza al proletariato conscio dei doveri di classe, essa è per noi un’esigenza della coscienza religiosa.

La miseria del proletariato nella società capitalistica significa il più completo disprezzo della dignità umana e l’ostacolo maggiore per lo sviluppo di un umanesimo significativo.

Perciò noi lottiamo , in imperturbabile comunione. Con i nostri fratelli e sorelle del proletariato all’interno delle organizzazioni i tentativi di salvare l’odierno ordinamento economico e sociale, propagati dalle riforme sociali borghesi e cristiane. Ci può aiutare solo una fondamentale trasformazione di tutti i rapporti economici e sociali nel senso del socialismo.

Se il proletariato deve far tutto per questo suo compito, allora esso ha. Perciò, bisogno di una poerfetta unità al di là di tutti i limiti nazionali, ideologici, religiosi. Perciò noi socialisti biasimiamo nel mondo più profondo l’attuale disunione del proletariato. Noi vogliamo, per quanto ci è possibile, collaborare perché un fronte compatto del proletariato internazionale si opponga al fronte del capitalismo materialista internazionale che si sta costituendo.

Ora, come sempre, noi socialisti religiosi considereremo come nostro compito speciale combattere , all’interno delle attuali  chiese e comunità religiose per il diritto del popolo lavoratore e per la liberazione del cristianesimo dai vincoli capitalisti e nazionalisti.

Noi facciamo appello a tutti gli uomini , senza differenza di confessione, che hanno i nostri stessi sentimenti e volontà ad unirsi e collaborare nella nostra associazione, a lottare per il socialismo con la forza della fede cristiana.. a lottare con dedizione sotto la bandiera rossa con la croce nera.

(Op. cit. 33, 1928, p. 169)

Noi invitiamo tutti gli uomini e donne che si sentono responsabili verso il loro prossimo

DICHIARAZIONE DEL QUINTO CONGRESSO 1930 dei socialisti religiosi

La lotta tra capitale e lavoro si avvicina al momento decisivo. Gli strati sociali feudalistici e borghesi si ammassano sotto parole d’ordine nazionaliste e fasciste per attaccare la società socialista in formazione.

Essi cercano con tutti i mezzi possibili di impedire l’unione del fronte di difesa proletario, anzi essi non rifuggono dall’orrore di abusare del cristianesimo e della chiesa per la loro politica d’interesse.

Nelle decisioni attuali. Anche nella lotta elettorale per la composizione del nuovo parlamento, si tratta particolarmente del fatto che i circoli capitalisti-borghesi vogliono restringere lo spazio vitale degli operai e degli impiegati con la limitazione e l’abolizione delle leggi politico-sociali. In questo modo i dipendenti economicamente saranno costretti a vendere la loro forza lavorativa nelle peggiori condizioni e per un guadagno minimo.

Una legislazione sociale è un’esigenza morale per ogni cristiano deciso. Dovrebbe essere un evidente compito dell’amore cristiano del prossimo mitigare, con il varo di una legislazione sociale, l’indigenza delle vedove e degli orfani, dei vecchi ed invalidi, dei giovani esclusi dal processo economico, dei disoccupati e dei sofferenti per la mancanza di abitazione, indigenza che segue necessariamente dal sistema economico capitalista.

I partiti borghesi esigono addirittura l’abolizione delle conquiste sociali ottenute finora. Anche il centro “cristiano” il partito popolare “cristiano” della Baviera e il servizio popolare “cristiano” –sociale stanno dalla parte della reazione sociale.

Le chiese, veramente, si sono pronunciate ufficialmente, con dichiarazioni pubbliche, per il superamento della indigenza sociale, ma i gruppi cristiani sostengono ancora i partiti borghese che aumentano l’indigenza delle masse con la loro politica sociale reazionaria.

L’inefficacia dei tentativi cristiani, anche ben intenzionati, a risolvere l’indigenza con elemosina e beneficienza organizzata mostra quanto sono disadattati questi mezzi di un tempo passato.

Noi socialisti religiosi non ci stancheremo di invitare la chiesa alla conversione. Noi vogliamo costringerla a porsi dalla parte degli afflitti ed oppressi in modo particolare nella lotta per un ordinamento nuovo, migliore.

Noi invitiamo tutti gli uomini e donne che si sentono responsabili verso il loro prossimo, verso i fratelli e le sorelle afflitti da miseria, ad entrare nel fronte socialista, senza distinzione di professione e confessione. Solo allora è possibile la speranza di eliminare le attuali necessità con una trasformazione dell’ingiusto ordinamento economico e sociale.

(Zeitschrift fuer Religion und Socialismus 5, 1930 p. 271)

A volte pensiamo solo a Dietrich Bonhoeffer come oppositore al nazifascismo, prima di lui i socialisti religiosi si erano espressi contro e prima delle leggi razziali contestate dal teologo.

Dichiarazione della lega dei socialisti religiosi tedeschi contro il fascismo, 1930

Il congresso dei socialisti religiosi di Germania vede con grande preoccupazione la mancanza di fermezza interna ed esterna delle chiese nei confronti delle pericolose intenzioni del fascismo. I circoli borghesi ecclesiastici aderiscono completamente e acriticamente alle aspirazioni dei fascisti soprattutto perché sperano un consolidamento dei rapporti di potenza economica e sociale a loro vantaggiosi.

I socialisti religiosi si sentono in dovere di sottolineare il fatto che con la propaganda fascista-nazionalsocialista si intende restaurare lo stato pagano, precristiano, basato sulla forza, la supremazia dei violenti e dei potenti. Perciò è loro completamente incomprensibile che il permesso di pregare in classe, rilasciato dal ministro nazionalsocialista Frick, che costituisce un abuso della preghiera cristiana per la formazione di sentimenti fascisti e per la politica di partito, non si è subito scontrato con la più energica opposizione da parte della chiesa regionale di Turingia.

L’atteggiamento indeciso della chiesa suscita l’impressione che essa abbia paura di difendere le esigenze della pietà cristiana di fronte alla brutalità e all’arretratezza del fascismo, che la chiesa permetta allo stato di prescrivere preghiere per la scuola che contraddicono lo spirito del cristianesimo, lo spirito dell’amore e della comunione fraterna.

E’ necessario costatare questa mancanza di guida e di forza del governo della chiesa di Turingia ed evitare i cristiani decisi ad unirsi all’associazione dei socialisti religiosi che da sola si è decisamente ribellata contro l’asservimento della preghiera cristiano –ecclesiastica alla propaganda piena d’odio dei fascisti.

I socialisti religiosi non si accontentano del fatto che la corte suprema del Reich ha ripetutamente respinto una parte della preghiera del ministero degli interni della Turingia, essi debbono energeticamente respingere come univoche ed insufficienti anche le preghiere non contestate, tra le quali anche quella proveniente dalla raccolta di preghiere del consiglio regionale ecclesiastico.

Gli eventi della Turingia dovrebbero attirare l’attenzione di tutti i cristiani di Germania e far riconoscere il pericolo che minaccia il mondo e la formazione della vita cristiana.

(Op cit. 5 (1930) p. 311)

RISPOSTA DEI SOCIALISTI RELIGIOSI ALLA DICHIARAZIONE DI GOVERNO DI HITLER (12/2/1933)

Signor Hitler, veramente lei non sa che la causa della nostra disgrazia è la guerra che hanno iniziato i nazionalisti e capitalisti del mondo, ma non i socialisti; la guerra che mise sottosopra tutta l’economia mondiale, che sottrasse i depositi di materia prima e di sblocco alla nostra economia, che costò più di un bilione di marchi d’oro ai popoli “civili”, e la razionalizzazione che ha inghiottito milioni di marchi d’ora con il suo tempo accelerato e ha messo a riposo milioni di operai, e la crisi economica mondiale che è una catastrofe del capitalismo e può essere superata solo col socialismo?

Naturalmente lei sa tutto ciò. Ciononostante Lei incolpa gli operai socialisti tedeschi che sono vittime del capitalismo, mentre non ha detto neppure una parola contro i veri nemici del popolo.

Compagni!

Avete notato cosa mancava nell’altezzoso discorso di Hitler? Hitler non ha proferito neppure una parola contro il capitalismo, solo contro il marxismo. Vi è un solo vero socialismo tedesco e questo è il marxismo. Tutto ciò che diversamente si definisce socialismo è una via di mezzo o inganno. Anche noi socialisti religiosi riconosciamo Marx come il teorico fondamentale dell’economia del socialismo tedesco.

In Cristo, invece, vediamo la guida delle nostre anime, il principe dello spirito e il portatore di pace al mondo.

(Der religioese Sozialist 7, 1933, p. 25)

Ragaz

Prima parte sul socialismo religioso

Ci è venuto estremamente chiaro che non è l’uomo che sottoscrive formule di fede che corrisponde all’ideale del discepolo di Gesù, ma l’uomo che attacca la necessità e la miseria, lotta per la giustizia sociale e nella fede rimuove le montagne del male.

  1. Ragaz Weltreich, vol. 1, p. 184

Nato il 28 luglio 1868 in Tamins, studio della teologia a Basilea, a Jena, a Berlino; nel 1889 parroco di montagna a Flerden,nel 1892 insegnante di religione e nel 1984 parroco di Chur; nel 1904 parroco della cattedrale di Basilea; nel 1906 con la conferenza “il Vangelo e l’attuale lotta sociale” tenuta in occasione della festa della società dei predicatori svizzeri, promosse la fondazione del movimento religioso- sociale. Nel 1907 viaggio negli Usa, conferenza al Congresso mondiale per il libero cristianesimo a Boston, nel 1908 professore di teologia sistematica e pratica a Zurigo, nel 1914 viaggio in Inghilterra; nel 1921 ritiro dall’insegnamento; dal 1921 presidente del Settlement del gardenhof (scuola popolare dei lavoratori); viaggi in Olanda. Germania, Scandinavia e Cecoslovacchia in qualità di Presidente della lega internazionale dei socialisti religiosi; morto il 6 dicembre 1945.

Ragaz e il Regno di Dio

Ragaz che aveva sofferto a causa di una religione senza legame alla realtà, vedeva con grande interesse nel socialismo un movimento, in cui ,come egli credeva, si manifestava la realtà del Regno di Dio. La questione sociale non era una verità fondamentale  del Regno di Dio? La socialdemocrazia nelle sue richieste non riprendeva delle richieste fondamentali dell’annuncio messianico? Non si rivolgeva essa, come l’annuncio messianico, ai poveri e ai diseredati? Perciò si apprenda dai socialdemocratici con quanta forza e quanta santa passione si debba annunziare accanto a un cielo nuovo una terra nuova. “E come la socialdemocrazia, anche la chiesa come il socialismo doveva intraprendere la lotta per contrastare il capitalismo, il militarismo, l’egoismo, la fede nella violenza e tutto l’ateismo sociale del nostro mondo. Questioni come disoccupazione, insufficienza di alloggio, lavoro e riposo, guadagno e profitto, tutto il problema sociale, devono essere affrontate dai suoi dirigenti, nelle chiese, scuole, giornali come parte del problema religioso. Essa deve distinguersi nello zelo per la Giustizia di Dio su una nuova terra”.

Il socialismo attirò l’attenzione di Ragaz sulle questioni sociali e l’incidenza nella realtà. Egli così lo può definire come “Giovanni il Battista” che precedette il Cristo. Tuttavia benché stimi tanto il socialismo e lo comprenda nel suo profondo, Ragaz non dimentica che il socialismo è soltanto un mutamento sociale. L’annuncio del Regno di Dio è invece più del socialismo. Anche un nuovo ordinamento sociale non orta via dal mondo il caso, la morte, la malattia, la colpa, il peccato. Tutte queste questioni sono senza risposta nel socialismo. Quale funzione spetta al socialismo all’interno dell’annunzio del Regno di Dio? Esso è prefigurazione del regno veniente. E’ l’indirizzo verso il più grande che in esso risplende, anche attraverso le sue manchevolezze e i suoi errori. E’ messaggero dell’avvento di un movimento di portata maggiore che si prepara a venire nel mondo. Questo è più grande del socialismo “ma porta sulle sue onde anche la vittoria del socialismo”. Perciò la lotta per il socialismo è lotta anticipatoria per il regno vivente”

Introduzione

La valorizzazione  odierna dei socialisti religiosi

L’eredità dei socialisti religiosi è nuovamente entrata far arte della discussione teologica in base a motivi fondati. A tratti, ci si rende conto che delle questioni che attualmente si impongono all’attenzione generale, sono state già una volta, almeno in forma simile, all’ordine del giorno di un piccolo gruppo all’interno della Chiesa. Si crede di intravvedere dei precursori, benché non si lasciano ancora intravvedere punti di aggancio e di continuazione. Questo dipende certamente dal fatto che l’eredità dei socialisti religiosi, per decenni, era pressoché scomparsa sia nella Chiesa che nella teologia.

Quel che la storia ecclesiastica tramanda, è riassunto in una brevità laconica e ha pochissimi valore informativo. Anche lì dove vengono riportate informazioni più estese su questa tendenza teologica, il suo intento resta estremamente vago. E anche quando singoli autori si sono accuratamente ed estesamente si sono occupati della biografia e della teologia di singoli socialisti religiosi, le ricerche sono guidate solo dall’interesse storico. Stimoli oppure chiarificazioni di problemi non vengono più attesi, finora, da una tale teologia. Sembra che il suo intento e la sua opera non ispirino più nessuno, il suo pensiero non dia alcun apporto ai nostri problemi. Sembra che il tempo l’abbia da molto superata, senza che essa abbia lasciato tracce durature.

Anzi si era detto dappertutto nei circoli ecclesiastici e teologici “che qui non c’era più niente da “prendere”. E dato che si pretendeva che non c’era più niente da “prendere”, non si faceva nemmeno lo sforzo di una ricerca approfondita.

Gli eventi storici esteriori, come il Nazismo, la guerra e la restaurazione ecclesiastica del dopoguerra favorirono la dimenticanza in modo eminente.

Tre tipi di repressione

Ma non ci sarebbe stato affatto bisogno di questi avvenimenti storici per strappare dalla memoria il ricordo dell’intento dei socialisti religiosi, durante la Repubblica di Weimer. Poiché fin dall’inizio della loro attività, essi si trovarono di fronte a una opposizione massiccia. Chi volesse scrivere la storia del socialismo religioso si imbatterebbe primariamente in quella della sua repressione. Se si osserva più da vicino, si riscontra nella estesa e molteplice vita della chiesa e della teologia dei primi decenni di questo secolo un raro e strano accordo nel comune rifiuto del socialismo religioso. Quasi tutti avrebbero potuto sottoscrivere quel che il residente dei positivi formulava in questi termini nel Sinodo regionale del Baden, Bender 1930: “Lasciate in pace la nostra chiesa col vostro socialismo religioso”. Questo atteggiamento o ,meglio, questo emozionalità fu in grado di unire le più diverse contro quel gruppo nella chiesa che essi, tutti insieme, sentivano come nemico comune. L’articolazione teologica del rifiuto che, nella sua differenziazione lascia riconoscere le singole posizioni, non riesce a nascondere che sotto vi è un interesse più profondo che unisce tutti.

La Chiesa ufficiale  giudicava più o meno così come si può leggere nell’”Annuale ecclesiastico” del 1935: “ Di fronte a questo illusionismo, noi abbiamo meno fiducia in esso del loro portatori: Concessioni alle realtà temporali (i cosiddetti ordini economici) non hanno mai guidato e dato impulso al cammino della fede”. Si rimprovera ai socialisti religiosi di idealizzare il proletariato e di essere i fautori dell’utopismo che si aspettava dal campo del sentimento proletario, che sprizzava di odio verso tutti i “possidenti”, che coltivava sistematicamente invidia e astio, sarebbe cresciuta una morale nobile, pura e più nobile. Come argomento decisivo si adduceva che Cristo non aveva predicato la lotta di classe. Così il giudizio della Chiesa è sicuro: “Come è ed opera, l’associazione dei socialisti religiosi è una truppa ausiliaria per Marx e Bebel, ma non per la fede in Dio”.

Inoltre si credeva di aver scoperto che i socialisti religiosi immedesimavano assolutamente il nuovo sistema economico socialista con il Regno di Dio. Questa favola convenuta si rivelò estremamente efficace. Essa furia di essere ripetuta, passò da una non verità al rango di una convinzione profondamente radicata, superando in ciò la stessa dialettica hegeliana.

Questo comportamento, benché voglia passare per teologico, certamente non si può spiegare dalla sola teologia. Se lo si vuole veramente comprendere, bisogna cercare gli interessi profondi che si nascondono dietro l’argomentazione teologica.

Bisogna, allora, rappresentarsi  la situazione della Chiesa e, in modo particolare dei parroci, che K.W. Dahm caratterizza circa in questa maniera: “ nella chiesa dominava in generale una mentalità di crisi. Essa proveniva dalla perdita di stabilità di istruzioni precedentemente solide. Così era estremamente cresciuta l’insicurezza della posizione dei parroci. Vi si aggiungeva, inoltre, la “terribile serietà dei fatti” costituita dai piani anticlericali di alcuni socialdemocratici, dalla “caccia ai preti” della stampa di sinistra e dall’associazione di liberi pensatori, dalla fame, e a tratti dalla miseria causata dal congelamento del sostentamento dei parroci,  e infine, in alcuni posti, da espulsioni e maltrattamenti. Tutte queste manifestazioni, causate dal cambiamento sociale, formarono la mentalità di crisi con tutti i suoi specifici interessi ed effetti.  Essa di manifestò allora in manifestazioni ed opinioni che non potevano corrispondere  alla nuova realtà democratica e repubblicana. Così la Chiesa, in generale, rimase come era stata in precedenza, di tendenze conservatrice e monarchiche.L’80% dei parroci si identificava coi partiti nazional-tedeschi, conservatori che miravano a liquidare la Repubblica. Così la massa dei foglietti parrocchiali, ecclesiastici propagandò una politica conservatrice, borghese, per lo più tedesco-nazionale. Era di moda essere antidemocratico, antifascista e naturalmente anche antisocialista. Questo significò concretamente negli insegnamenti che si trassero dalla prima guerra mondiale, che i responsabili delle chiese e la molteplicità dei membri della comunità non condannarono lo spirito della guerra, lo sciovinismo e il militarismo. Piuttosto fu condannato “l’inconvertito popolo tedesco” per la sua mancanza di resistenza, per la sua infedeltà agli Hohenzollern e per la sua condiscendenza alle idee democratiche e socialiste. La leggenda della pugnalata, secondo la quale l’armata invitta sarebbe  stata vittima di estremisti di sinistra venne, perciò divulgata con un zelo particolare e accettata credulonamente nei circoli ecclesiastici.

Appare quindi chiaro che le chiese, che sentivano minacciata i loro interessi dal nuovo stato, dissero che le loro emozioni contro i partiti socialisti che apparivano loro come segnati dal “marchio di Caino della rivoluzione di novembre”. Nel condannare i partiti socialisti come “malfattori di novembre”, la loro identificazione si aggrappava a immagini e fatti dell’ordine vecchio, sepolto.

Con un simile stato di cose, come si poteva permettere l’annuncio e l’opera  di un gruppo che si votava verso il nuovo, criticava vivacemente e combatteva i modelli coi quali ci si identificava? Non dovevano le Chiese reagire con il rifiuto, la malcelata ostilità che esse allora mostrarono così abbondantemente? Il pregiudizio nei riguardi dei socialisti religiosi, come si rivelò costantemente nello sleale maneggio per la rioccupazione delle parrocchie che divenivano spontaneamente religioso-socialiste, negli intrighi all’interno delle direzioni della Chiesa per impedire ai socialisti religiosi di inviare nei diversi collegi il numero di rappresentati che loro spettava in base al risultato delle elezioni ecclesiastiche e infine la persecuzione e punizione unilaterale dell’attività politica svolta dai pastori religiosi socialisti, veniva motivata teologicamente, scaturiva però senza dubbio da un interesse social politico reazionario.

Benché nella odierna communis opinio, il socialismo religioso goda di altissima come font di teologia dialettica, proprio i teologi dialettici non trassero il minimo profitto dalla sua quasi totale repressione.  Essi tramandarono  per lo più le formulazioni che hanno impedito una recezione libera dai pregiudizi sul socialismo religioso negli ultimi decenni.  E si servì dei loro slogan quando si volle motivare perché nella discussione teologica si credette di poter lasciare cadere a sinistra il socialismo religioso.

A questo punto non possiamo aprire una discussione di principio, piuttosto verranno esaminate, a mo’ di esempio, alcune posizioni di rifiuto che hanno determinato la discussione circa il socialismo religioso e la sua repressione. Kark Bart in un confronto con Paul Tillich definisce questo modo di far teologia sedizioso. Egli nel giudizio delle realtà mondane, non si sente separato da Tillich da questo o da quello, ma proprio nel centro, nel giudizio della questione-Dio. Così egli rimprovera a Tillich che al suo Dio manca il propriamente divino, vale a dire la caratterizzazione come agire libero, personale, con un chiaro carattere pneumatico  tramite il quale viene sottratto ad ogni diretto approccio intellettualistico che vuol fare i conti con lui. Chi osa parlare di Dio . – dichiara Barth a Tillich – deve tenere presente che egli parla di qualcosa di cui egli non piuò disporre di naturale con lampante naturalezza, ora in una maniera ora in un’altra, solo perché ne ha possibilità logiche. Per questo motivo la teologia di Tillich sfocerebbe in una generalizzazione colpevole. “Questo sostenere fra Dio, il Tutto e Ognuno, fra Cielo e Terra, questo generale e ampio rullo compressore della Fede e della rivelazione che io nel leggere il Tutto e il Niente di Tillich, non mi posso trattenere non mi osso vedere avanzare pianificando case, uomini e animali, come se d’altronde non fosse naturale che dappertutto fossero regni, giustizia e grazia, Tutto, semplicemente  Tutto è immerso nella contesa della Pace del “paradosso positivo” che è così è a portata di mano nonostante la sua “invisibilità” in realtà non è più un paradosso, questo non ha più alcun affinità col Dio di Lutero e di Kierkegard, mentre ne ha con Scheileirmaker e Hegel”.

Fermandosi ai termini –chiave , Bart si scaglia contro Tillich per la sua leggerezza nel far teologia: “Vorrei chiedere al mio riverito interlocutore come si può giungere a parlare di realtà come “situazione di spirito teonoma”, “atteggiamento profetico”, “agire conscio del kairos” e simili…, iniziare le proprie rappresentazioni teologiche così come se niente fosse, come se ciò, vale a dire il superamento della situazione di lontananza da Dio da parte dell’uomo, si comprendesse da se stesso? Dove finisce la paradossalità  del “Paradosso positivo”, quando si può introdurre questa grandezza, come data, al posto decisivo e – su questo fondamento così posto – lanciare verso le nuvole, per amore del cielo ora non più dialetticamente spezzato, ma come sommamente ininterrotto, rettilineo e sicuro l’edificio della vera gnosi?”. La rivelazione, invece, non sarebbe secondo Barth un dato, bensì un avvenimento iniziato solamente da Dio, un avvenimento tra Persona e persona e un dono nel senso più rigoroso del termine. Si dà verità teologica solo in relazione inscindibile alla Chiesa, al Canone e allo Spirito Santo. E proprio in questo punto Tillich si troverebbe su una falsa strada, in quanto egli pone dommaticamente un primo principio “per la cui comprensione la Chiesa e lo Spirito Santo, la Scrittura e Cristo sono fondamentalmente superflui (al più vengono considerati successivamente come simboli di ciò che esiste senza di essi) e nel cui sviluppo , poi, secondo famosissimi esempi, Tutto si svolge da se stesso, basta poter pensare abbastanza logicamente per ritrovarsi nelle molteplici disposizioni dello scopritore”.

Il confronto termina con un rifiuto enfatico : Barth non vuole avere niente a che fare con la teologia di Tillich, “ una teologia della costruzione della torre di Babele”. “quel che noi non volevamo, era proprio una teologia senza presupposti, della quale ognuno pensa e parla come il suo spirito gli ispira, seguendo una spontaneità e una inventiva libera, beata, protestante, quand’anche ciò si verifichi sotto l’etichetta “teonomia”.

Partendo dalla medesima considerazione dell’Assolutezza di Dio, anche Friedrich Gogarten dichiara di essere contrario al socialismo religioso.

Nel 1919, dopo una relazione di Wilhem Schaefe sull’incontro di Waterburg, in cui Gogarten aveva tenuto la relazione “la crisi della cultura”, Emil Fuchs pubblicò una replica. In essa completando, rispettivamente contraddicendo Gogarten, chiedeva di formare un Cristianesimo che affrontasse il suo impegno mondano e potesse essere, al tempo stesso, una forza per il lavoratore, il socialista.

Gogarten replicò di nuovo, pubblicamente, a questa richiesta. Egli rimproverava a Fuchs di vedere solo  una parte, un lato dell’indigenza. Questo sarebbe proprio il modo di conciliatori che credono che si possa cambiare questo o quello.

Ma dove gli uomini credono di poter cambiare in qualche modo, lì la vera indigenza non è stata ancora vista anzi non è ancora presentita. “Li non si sa ancora niente dell’inguaribile bisogno dell’Assoluto”. Questo bisogna resta, nonostante tutti gli sforzi possibili degli uomini. Esso rode il tutto e il singolo e rende dubbiosi tutti i beni. Ma lo si vede e rende proprio solo con quell’ascolto e quella visita che ascolta e vede l’Assoluto.

Colui che ascolta e vede l’Assoluto, si imbatte sub specie aeterni nella estrema oppressione, nel più acuto contrasto con l’eterno, nel più decisivo, o – o, o noi o l’eternità. Colui che crede, sia pure solamente per rendere possibile una considerazione oggettiva, culturale e storica che qui sia osto un tanto-quanto,  vale a dire un incontro ordinato e tranquillo di ciò che noi siamo e di ciò che è l’eternità, oppure il racchiudimento dell’eternità

Il rapporto della iniziale della iniziale azione di Dio con la sua apparizione culturale di ogni volta non è quello dell’ineliminabile contrasto della sua forma visibile. Perciò non si può mai vincere il cristianesimo a favore dei propri contemporanei, adattando la sua forma esteriore alle esigenze del tempo. Così Gogarten conclude reguardendo Fuchs: “ Chi tocca questo punto vuol fare da mediatore fra l’eternità e il tempo e brancola, mentre con le mani più pure e la migliore volontà, solo e sempre nel tempo”.

Lo spavento per la “sintesi”, che come abbiamo visto Gogarten respingeva, faceva allontanare anche Gunther Dehn da quelle tendenze cui egli aveva inizialmente dato l’avvio. Cristianesimo e socialismo non potevano in alcun modo essere uniti. Colui che lo tentava si avvia ad una strada di un ibrido auto-potenziamento. Cosi Dehn scoprì del titanesimo nell posizioni di C. Blumhardt  e del secolarismo e false tendenze dell’autonomia dei suoi successori. Egli li credette impegnati in uno sforzo meramente umano, presuntuoso, verso l’autoliberazione ed ebbre timore che questa via della sintesi opprimesse Dio.

Poiché tutto il socialismo gli appare sempre più dal punto  di vista dell’”autonomia”, dell’”autoliberazione”, dell’”autodivinizzazione”. I cristiani che lo sostengono possono essere soltanto ad uno stato larvalela comprensione dell’essenza e del compito della Chiesa. Essi finiscono nel secolarismo e vi perdono la sostanza cristiana. Non è affatto un miracolo se perdono la passione religiosa.

L’emozionalità, priva di fondamento storico, contro la tradizione di pensiero neoprotestantica, la non meno astorica separazione di eternità e forma culturale contemporanea che porta a una totale indifferenza verso i bisogni e le necessità epocali e, infine, la svalorizzazione della secolarità come storia di decadenza, tutto questo contribuisce a formare quella sindrome che noi nel passato ci siamo abituati  a chiamare “rinnovamento teologico”.  Quel che , però , ne è risultato di teologicamente nuovo, proprio nella sua totale negazione di tuta la realtà storicamente esistente, si rivelava come la sua affermazione. Inoltre con la sua valutazione della secolarità e dell’autonomia  come storia di decadenza e di rifiuto, si allinea con le posizioni del conservatorismo. E infine, la totalità dell’eternità che rende così indifferenti per i problemi dell’umanità non è lontana dalla totalità come fu evocata dal fascismo.

Così anche qui si può vedere che gli argomenti contro il socialismo religioso, benché pretendano di essere esclusivamente teologici, non si possono comprendere a partire soltanto dalla teologia.

E’ molto chiara la posizione politica che è a base dell’argomentazione teologica di Hermann Sasse. Nell’annale ecclesiastico del 1932 spiega che la sua pazienza  è stata calpestata fino al limite del sopportabile, poiché si permette ai socialisti religiosi di sostenere degli insegnamenti  che, confrontati con la confessione della Chiesa, sono chiaramente delle eresie. Sasse dà, poi, nome a queste eresie. Egli vede in esse il fanatismo della riforma, riconosce in loro la loro mistica, il loro distacco dalla Chiesa e il loro appello alla parola, indipendente dalla Scrittura e percepita internamente. Egli ritrova in essi il chiliasmo e la rivoluzione intrapresa da Dio . Ma non ne ha ancora abbastanza. I socialisti religiosi sono anche infetti dall’ottimismo etico dell’Illuminismo  e dalla teoria della religione del secolo XIX. Tuttavia non si riscontra presso di essi la dottrina protestante della giustificazione. Sasse ne deduce: dove non viene più compresa la giustificazione, lì neppure il Vangelo viene più compreso. A questo canone egli li misura  e li condannacome eretici. Se, ora, degli eretici fanno il tentativo di trovare un accordo fra cristianesimo e socialismo, esso fin dall’inizio, non è da prender sul serio. “Vogliono gli epigoni di Schleirmacher e gli epigoni di Feuerbach  fondare un piccolo circolo religioso-filosofico in un caffè di Berlino Ovest? A chi sarebbe utile?”

La denigrazione del caffé di Berlino Ovest è chiaramente tirata fuori dall’arsenale dei nazionalisti religiosi, contro artisti, i cosiddetti “letterati dell’asfalto”, che usavano riunirsi nei caffè di Berlino Ovest.

La risposta alla domanda, a chi siano utili gli sforzi dei socialsiti religiosi, Sasse se la va a cercare presso un’autorità insolita per uno studioso, ma certamente in armonia con i tempi “S’interroghi una buona volta la nostra gioventù che cosa ne pensa. Per essa quelle opere del secolo XIX appartengono alla massa fallimentare dell’era borghese.

La Chiesa non può partecipare a queste azioni di soccorso. “Queste teorie devono scomparire affinché noi impariamo nuovamente a credere in Gesù Cristo… Nell’acuto crisi attuale esse affondano insieme a molte ideali e teorie degli ultimi secoli. La bancarotta dell’uomo non si può nascondere”.

Ed effettivamente un anno dopo che queste righe erano state scritte, nel 1933, essa non si poteva più nascondere. Il macabro sta solo nel fatto che Hermann Sasse poteva integrare così enfaticamente il suo modo di pensare nazionalsocialista in una teologia di liberazione di Cristo.

Presso Sasse si può constatare apertamente che l’interesse temporale e politico guidò l’argomentazione, apparentemente teologica, contro i socialisti religiosi.

Dall’estensione del rifiuto si può comprendere che l’opera dei socialisti religiosi morì d’asfissia quando era ancora allo stato embrionale, che il loro intento non potè neppure  raggiungere la coscienza di un pubblico ecclesiastico e teologico più ampio e che, perciò, finalmente, il suo ricordo affondò nella sabbia. Le diverse Chiese nazionali, teologi dialettici e altri avevano fatto il possibile per mettere da parte le sorti e l’opera del movimento e di sopprimerla mettendo in discussione all’infinito il diritto della intenzione socialista-religiosa. Non si parlava di Dio come essi ne parlavano. Il modo in cui essi cercavano una via di collegamento fra la salvezza eterna e il bisogno attuale era un modo conciliatorio e non aveva alcun sentore del bisogno dell’assoluto. Il modo, infine, in cui essi epigoni di Shleirmacher, cercavano di addivenire ad un accordo con gli epigoni di Feuerbach, sfociava semplicemente in eresia e umanitarismo.

In questo caso l’umanità del rifiuto, da parte dei più diversi strati, non è convincente, anzi sospetta. Lo stesso interesse, come abbiamo dimostrato, univa in questo punto posizioni teologicamente tutt’altro che simili. Una predecisione politica conservatrice, tedesco nazionale fino a nazionalsocialista. La reazionaria identificazione con i modelli di un ordine passato doveva necessariamente portare alla collisione con l’intento dei socialisti religiosi  che consideravano criticamente quell’ordine e combattevano per un nuovo ordine sociale. La Chiesa disturbata nei suoi affetti e interessi  reagì allora nei riguardi dei socialisti religiosi con pedanteria, con evidente irritazione e solo malcelata aggressività.

Quando poi, dopo la seconda guerra mondiale, che non c’era più niente da apprendere dai socialisti religiosi, allora si è compreso quanto detto precedentemente, non sembrerà lontana dal vero la supposizione,  che nel caso si tratti di una repressione riuscita-

Ne risulta pure, però che sia un pregiudizio teologico, sia una profonda uniformità si sono opposti a una giusta valutazione delle intenzioni, delle attività e peculiarità di questo movimento.

Oggi comunque, data la circostanza storica, e le mutazioni verificatesi nel frattempo nella società e nella teologia, sembra si dia la possibilità per una verifica più giusta. Vuole essere intenzione di questo libro sia introdurre nella storia di questo movimento, sia di portare alla luce il compito specifico che i socialisti religiosi si erano proposti all’interno della Chiesa. Ci rifacciamo per lo più a lavori brevi e per lo più completi. La scelta degli autori vuole mostrare l’estensione dell’ossatura del movimento. Essa vuole evidenziare sia la diversità che la somiglianza nelle tendenze. Però non verranno trascurati documenti , come manifesti e risoluzioni, in cui si esprime la volontà collettiva dei socialisti religiosi.

 IL PROGRAMMA DEI SOCIALISTI RELIGIOSI

https://ecumenici.wordpress.com/leonhard-ragaz/ e https://quaccheri.wordpress.com/la-fede-dei-socialisti-religiosi/

L’unità del movimento religioso-socialista non proveniva da una costitutiva, teologia comune, ma dal medesimo giudizio sulle questioni sociali. Questa era la conclusione della nostra ricerca sul significato e la portata della teologia all’interno del movimento. Abbiamo constatato uno spostamento, uno scambio di visuale e una dislocazione di funzione. Abbiamo ora descritto che cosa era concretamente che si era sostituito a un progetto teologico costitutivo. Che cosa significa la espressione giudizi simili su questioni sociali?

Per avvicinarsi al problema vogliamo dapprima tentare di studiare singolarmente questi giudizi politico-sociali.

Il primo dice: l’individualismo religioso deve essere superato a favore di un cristianesimo della responsabilità sociale. Tutti i socialismi religiosi erano convinti che la chiesa aveva commesso una colpa storica nei riguardi del proletariato , cui poteva rimediare. Ne derivano l’obbligo che la chiesa poteva mostrare che la religione non è oppio per il popolo solo attraverso posizioni attive, derivate dal Vangelo riguardo alle necessità presenti. Così si volevan prendere in tutta serietà i principi di Cristo non solo nella vita privata, ma anche in quella pubblica.

Non si voleva limitare la bontà che il Salvatore aveva predicato, come finora, solo al rapporto tra persona e persona. Piuttosto un cristianesimo dell’azione sociale doveva penetrare la vita economica e la vita dei popoli. Se l’individualismo religioso vuole essere superato, allora un socialista religioso deve poter dar prova con la sua esistenza che egli può essere contemporaneamente un cristiano vivente e un comunista o socialista religioso conscio della propria classe. Così si esige l’etica dell’amore di Gesù a norma fondamentale del vivere comunitario. Si vuol passare ad u8na nuova epoca di cui il socialismo costituisca il fondamento economico-sociale e nella quale il cristianesimo abbia il compito di dare forza etica e religiosa alla nuova comunità.

Nel cammino verso questa epoca la Chiesa, secondo i socialisti religiosi, deve far propria la causa degli oppressi. I socialisti religiosi vogliono stare dalla parte del proletariato, dalla parte degli oppressi e sfruttati in tutti i settori della lotta di classe.

Questo impegno politico-sociale porta al giudizio deciso: bisogna combattere il capitalismo e, al suo posto, deve subentrare il socialismo . Poiché un ordinamento sociale che è coscientemente fondamentale costruito sull’egoismo economico e politico deve essere respinto. Così devono essere attaccate situazioni economiche  che sono contrarie alla fede. Se ora si conosce che un determinato ordinamento sociale, cioè quello capitalista, causa situazioni tali, allora bisogna lottare perché finisca l’anarchia capitalista nella vita sociale ed economica. I socialisti religiosi sostengono la strutturazione socialista della vita. Vogliono preparare la vita della società per il futuro ordinamento socialista, secondo lo spirito di Cristo. Per loro esso è un ordinamento sociale in cui la coscienza della comunità è fondamento della costruzione sociale.

I socialisti religiosi sono uniti nel loro giudizio politico ancora in un altro campo: tutti rifiutano il nazionalismo e la guerra e tutti combattono per la comprensione dei popoli.

Lo spirito di Cristo li costringe ad opporsi impavidamente ad ogni meschino nazionalismo. Essi intravedono che il capitalismo porta al nazionalismo e poi all’imperialismo. Perciò essi predicano contro l’impenitenza nazionale egoista dei Tedeschi. Essi accusano l’egoismo fondamentale della politica nazionale di potenza che significa l’inganno e l’oppressione tramite l’idea nazionale. I socialisti religiosi si oppongono all’ordinamento capitalista e militarista soprattutto perché non hanno dimenticato come le loro conseguenze si siano rivelate nella guerra mondiale. L’insegnamento che ne traggono è l’esigenza che tutti gli stati debbano sottomettersi ad un ordinamento di diritto sovrastatale. Con ogni forza essi stessi lavorano per la comprensione e la riconciliazione internazionale dei popoli. Inoltre non dimenticano che non bisogna accontentarsi dall’appello alla buona volontà, ma che solo una organizzazione della pace può assicurare la pace.

Donde abbiamo derivato questi giudizi sulle questioni sociali? Li abbiamo tratti da 5 programmi rappresentativi che diversi gruppi di socialisti religiosi si sono proposti in tempi diversi. Questi programmi costituivano propriamente il movimento religioso-socialista. Abbiamo studiato il programma dei socialisti religiosi berlinesi del 1919, il programma dell’unione della Chiesa popolare di Baden, il programma elettorale della lega regionale di Turingia del 1932, lo scritto programmatico di Erwin Eckert; Che cosa vogliono i socialisti religiosi ? Del 1927 e infine lo scritto programmatico di Tillich: Il socialismo come questione ecclesiale  del 1919. Benché essi siano stati concepiti in luoghi diversi, mostrano una impressionante unità di intento fin nelle inessenziali sfumature della formulazione. Posti sinotticamente l’uno  affianco all’altro, essi rivelano una quasi perfetta conseguenza di intento.

Tanto erano disparati i termini teologici principali nelle loro inaccordabili rappresentazioni e diverse preferenze, tanto è unitario l’intento dei programmi. Essi  si differenziano solo nella formulazione e in questo o quel punto periferico, particolare , ma non nell’intenzione fondamentale. E queste intenzioni fondamentali vengono formulate in una concisione pubblicitaria:

  1. Il superamento dell’individualismo religioso in favore di un cristianesimo della responsabilità sociale. Ossia della solidarietà con gli oppressi.
  2. La lotta contro il capitalismo e per il socialismo
  3. 3 La lotta contro il nazionalismo e la guerra e per la comprensione dei popoli

Possiamo ora rispondere alla domanda , quali erano i medesimi giudizi sulle questioni sociali che nel movimento religioso –socialista si trovavano in primo piano al posto della teologia. Ciò che era fortemente nei programmi era il costitutivo del movimento religioso-socialista. Era il programma che dava impulsi e direzioni al movimento e lo teneva intimamente unito.

Breve sommario storico

La vaga impressione che anche gli esperti hanno avuto del fenomeno del socialismo religioso e che non di rado è stata di peso per esso, dipende certamente dal fatto che si era cercato fino ad ora di descriverlo sempre con categorie teologiche. Nel migliore dei casi, queste venivano onorate con un paio di date per il lettore, almeno tramite il rinvio a luoghi e date, potesse credere quello che non poteva  comprendere dalla precedente descrizione teologica e cioè che una realtà come il socialismo religioso è veramente apparsa nella Chiesa.  Perciò qui bisogna resistere alla tentazione di rispondere con un’informazione teologica di rispondere alla domanda: quale realtà si ha di fronte quando si parla di socialismo religioso?

Quando più naturalmente il socialismo religioso si basava su una teoria teologica, tanto meno esso intendeva primariamente in tale teoria. Affrontarlo principalmente a partire dalla sua teoria teologica significa, assolutizzare sproporzionatamente una parte non inessenziale, ma secondaria di questo fenomeno. Se si cerca invece, di avere una visione di tutto il socialismo religioso in tutte le sue intenzioni più proprie e non solo di un aspetto particolare, secondario, allora bisogna descriverlo come esso si è manifestato nelle si sue più diverse espressioni e nel suo sviluppo. Poiché il socialismo religioso non è primariamente teologia, ma la storia di se stesso. Se si vuol dunque, comprendere l’essenza di questo movimento, non ci può sottrarre allo sforzo di esporre i dettagli storici.

  1. Precursori
  2. I socialisti cristiani inglesi e francesi nella prima metà del secolo XIX

Diversamene che in Germania, i problemi che sorsero a causa della rivoluzione industriale, vennero  sentiti subito dai cristiani di Francia e Inghilterra. Già dall’inizio del secolo XIX essi si chiedevano come formare un ordine sociale che soddisfacesse al comandamento dell’amore del prossimo nelle mutate condizioni della incipiente era industriale con le sue grandi masse di proletariato nullatenente .

I primi socialisti religiosi li vide la Francia. Il conte St. Simon voleva fondare una nuova religione il cui punto focale fosse la frase: “ama il prossimo tuo come te stesso; questa sublime, fondamentale proposizione contiene tutto ciò che di nuovo vi è nella religione cristiana!. Così egli si pone dalla parte dei poveri e diseredati e postula dalla Chiesa e dai possidenti che il loro amore si ponga al servizio di questi uomini. L’industria doveva essere edificata sulle fondamenta dell’eguaglianza e della giustizia. Poiché essa doveva occupare migliaia di operai, fallì in breve tempo.

Lamennais, un prete della chiesa cattolica, che più tardi venne espulso, incitò gli oppressi a combattere per la libertà: “Dio non vi ha fatti per essere gregge di pochi altri uomini” Poiché Lamennais era una personalità religiosa brillante, i suoi discorsi infiammavano i cuori dei suoi ascoltatori. Tuttavia i suoi scopi restarono indeterminati e poco chiari.

Il socialismo religioso dei francesi St Simon, Lamennais e infine Bazard consisteva principalmente in progetti di nuovi modelli di società. Esso anticipava il comunismo nella base comunitaria senza proprietà privata. Poiché ebbero solamente insuccessi, si trovarono presto di fronte a un rifiuto unanime. Cos’ i loro tentativi di realizzare un nuovo modello di società non andarono al di là di modesti inizi.

Lo sviluppo andò diversamente in Inghilterra. Lì, alcuni cristiani sentirono presto i problemi sociali come sfida al loro cristianesimo pratico. Relativamente presto venne compresa anche la questione degli operai e si pretese, come Lord Aschley nel 1833 nella camera bassa, una limitazione del tempo a dieci ore giornaliere. Il circolo intorno a J. St. Mill si avvicinava al socialismo e così il Liberismo inglese ebbe nelle sue file, già negli anni trenta , un gruppo orientato fortemente in senso politico, sociale, attraendo completamente dal fatto che tutto lo sviluppo politico si liberò presto delle tendenze feudali-conservatrici e osservava la situazione contemportanea con oggettività e osservava la situazione contemporanea con oggettività e meno pregiudizi. D’altronde, afffianco alla Chiesa, vi erano numerose chiese libere di tradizione calvinista e battista con principi comunitari democratici, dove veniva preso seriamente il pensiero del sacerdozio universale dei fedeli e dove soprattutto circoli di piccoli borghesi e operai trovavano il loro rifugio spirituale. Così si può dire che il socialismo d’Inghilterra ebbe origine proprio nelle case popolari metodiste e ha, così, una radice cristiano-religiosa.In ogni caso non era raro che politici socialisti predicassero dal pulpito di comunità di diverse denominazioni, domenica per domenica. Perciò le tendenze cristiano socialiste vi trovarono numerosi aderenti. Carlyle, Kingley, Robertson, Maurice, Ludlow, Hughes, Neale divennero portavoce dei “Christian Socialist”.

Owen, Kings, Mitchell e gli “onesti pionieri di Ronchdale” realizzarono le prime riforme sociali organizzando scuole popolari, comunità di produzione e consumo.

  1. Tendenze sociali nel liberalismo religioso tedesco

Si usa addurre come esempio tipici del pensiero sociale nel protestantesimo tedesco del secolo XIX Wichern e Stoecker. Per quanto ambedue abbiano anche potuto comprendere il problema sociale, la loro sottolineata intenzione di opporre al socialismo della socialdemocrazia un socialismo intraecclesiastico, limitava le loro possibilità di comprensione e di operazione.

Inoltre i problemi e i bisogni che sono legati al sorgere del mondo dell’industria moderna sono legati al sorgere del mondo dell’industria moderna, troveranno, nel protestantesimo tedesco, i loro primi difensori nel liberismo.

Harnack non aveva dubbi che “Gesù sarebbe stato oggi dalla parte di coloro che si sforzano audacemente di lenire la dura situazione del popolo che si sforzano audacemente di lenire la dura situazione del popolo operaio e di procurargli migliori condizioni d’esistenza”. Egli vedeva un compito potente nel problema sociale.

Il giovane Naumann credette di poter opporre qualcosa di simile al socialismo di Karl Marx. L’amore, l’amore fraterno, soccorritore doveva essere il nuovo spirito della comunità. Gesù venne presentato come uomo del popolo al centro della metropoli e della fabbrica e vennero studiati i contrasti tra esigenza e realtà. Doveva crescere l’influsso della massa operaia, venne riconosciuta la lotta di classe, venne ingaggiata una dura battaglia contro i portatori del vecchio, i conservatori.

Adolph von Harnack, Friedich Naumann, George Schmoller, Paul Goehre e Max Weber, collaboratori nel congresso evangelico-sociale, si impegnarono per le riforme sociali e ne dedussero anche una reale comprensione per l’intento della socialdemocrazia, allora orientata prevalentemente in senso revisionistico. Fin dove si spingeva l’impegno per gli interessi degli operai lo mostra il fatto che si solidarizzava con loro negli scioperi e si giunge a concrete azioni per mitigare l’indigenza tra gli operai in sciopero.

Tuttavia né il partito di Naumann ebbe successo nelle elezioni, né Naumann potè restare fedele ai suoi principi fondamentali. Osservando il problema del socialismo dall’esterno, evidentemente non si poteva andare oltre. Perciò, negli anni novanta del secolo scorso, alcuni parroci liberali entrarono nel partito socialdemocratico. Essi lo fecero, benché a causa della loro partecipazione al movimento degli operai, furono sospesi dalla loro carica e perciò gravemente danneggiati nel loro stato sociale. La tendenza verso riforme sociali, come si rivelò nel congresso evangelico – sociale, si esprimeva anche nel circolo di amici che faceva capo alla rivista Die Christliche Welt (Il mondo cristiano) e in essa stessa.

Questa vedeva uno dei suoi compiti nel sensibilizzare la conoscenza della borghesia cristiana per la questione sociale e nel tener vigile l’interesse per il proletariato.

E’ necessario studiare accuratamente il ruolo che ha avuto il liberalismo religioso nel cammino verso un socialismo religioso. In verità i socialisti religiosi ci tenevano in genere a staccarsi decisamente dal liberalismo. E la sottolineatura saltuaria del motivo del regno di Dio, in effetti, è in netto contrasto con l’individualismo liberale. Tuttavia non bisognava lasciarsi ingannare a proposito dei forti legami che esistevano tra i due movimenti.

In realtà il liberalismo religioso portava con sé la libertà indispensabile per poter affrontare la problematica sociale con la necessaria apertura. Ciò lo si può chiaramente capire soprattutto in Svizzera dove i riformatori liberali affrontarono le questioni sociali in maniera essenzialmente diversa dalle Chiese ortodosse tedesche. Ed è molto significativa l’affermazione che la riforma, pensata conseguentemente fino in fondo, portava al movimento religioso sociale. Ne è prova il fatto che tutti i leaders del movimento religioso-sociale provenivano dal liberismo.

Inoltre alcuni liberali consideravano indice di decadenza il fatto che il libero protestantesimo, come movimento generale, non aveva cooperato all’ulteriore sviluppo verso il socialismo religioso.

  1. Christoph Blumhardt

Christoph Blumhardt stesso non è ancora un socialista religioso, tuttavia a lui spetta un posto particolare nel movimento del socialismo religioso. Blumhardt, difatti, fu colui che non solo comprese e sostenne le richieste del mondo operiao, ma colui che, simbolicamente da parroco, osò passare al partito socialdemocratico.

Nel 1989 la SPD tenne il suo congresso nell’immediata vicinanza di Blumhardt, a Stoccarda,. I giornali riferirono dell’attività di Stoecker e Naumann. Questi influssi lo spinsero già, forse, a occuparsi di letteratura socialdemocratica. Il colpo decisivo, però, glielo diede il “progetto di incarcerazione” dell’imperatore che intendeva abolire il diritto di sciopero degli opeai. Allora Blumhardt partecipò a Una assemblea popolare e si dichiarò solidale con la socialdemocrazia. Il 24 ottobre 1899, più che cinquantenne, entrò nella SPD.  Quando egli rese noto questo suo passo, fu invitato a rinunciare al titolo e ai diritti di parroco. La maggior parte dei suoi amici si allontanò da lui.

Nelle elezioni nazionali del 1900 egli conquistò per la prima volta il mandato di Goepping alla SPD e la servì per sei anni come deputato.

Blumhardt vedeva nella socialdemocrazia un segno speciale del giudizio e della promessa di Dio. Dato che nel mondo dominava lo spirito del capitale con la sua brama di profitto, il sistema capitalista era per lui contrario a Dio e il movimento oppositore, il socialismo, benché si comportasse ancora così ateisticamente, realizzava la volontà di Dio. In questo affannarsi per mutare tutti i rapporti sociali in un ordine giusto, egli scorgeva un inconscio affannarsi per il regno di Dio e la sua giustizia. Al contrario di quel cristianesimo che mirava solamente a cambiare la mentalità e non i rapporti, egli sottolineava con sempre maggiore insistenza che lo scopo dei piani di Dio era che tutto  doveva diventare nuovo, l’interno come l’esterno, il singolo come la società. La fine delle vie di Dio è la corporalità.

  1. Il movimento religioso sociale
  1. I socialisti religiosi svizzeri

Nel 1904 Herman Kutter, un parroco svizzero, raccolse i pensieri dispersi di Blumhardt nel suo libro  “Sie muessen” (essi devono), come in una lente focale. Con inaudita insistenza proclamò alla cristianità del suo tempo che era piaciuto a Dio mostrarsi nella socialdemocrazia atea e materialista, dato che essa compiva le opere che avrebbe dovuto compiere la cristianità. Così egli preparava il terreno per il movimento sociale religioso.

La conferenza che nel 1906 Ragaz tenne in Basilea, di fronte all’associazione dei predicatori, divenne il punto di partenza. Con la sua tesi: il Vangelo abbatte tutte le barriere e tende a rinnovare la vita, egli diede voce a una estesa volontà che creò la sua piattaforma in un movimento. Seguirono piccoli e grandi incontri di persone che la pensavano allo stesso modo e presto il movimento ebbe una larga base. Soprattutto le grandi riunioni erano molto frequentate. Vi partecipavano quasi tutti i circoli e per un certo periodo di tempo sembrò quasi che al movimento riuscisse di estendersi a tutta la Chiesa e gran parte del mondo operaio: Come organo venne fondato Neue Eege i cui redattori erano, oltre a Ragaz, Liechtenhan e Hartmann. Nei più diversi circoli ecclesiastici faceva sensazione ed operava da stimolo il fatto che esso sembrava superare i contrasti di parte esistenti, ecclesiastici e teologi. Si cercava di superare le parole d’ordine teologiche esistenti: Riformatori, Positivi, Conciliatori, con nuove parole d’ordine sociali. Si formarono dei gruppi in tutta la Svizzera. Numerosi parroci entrarono nel partito socialdemocratico e parteciparono in modo decisivo alla sua attività . Il Movimento tenne le sue conferenze a intervalli regolari. Si respinse una più rigida organizzazione poiché il movimento non voleva divenire né un partito politico, né partito ecclesiastico. Esso tendeva a un socialismo della “spontaneità”, verso le libere cooperative secondo l’esempio inglese, verso una società organizzata in libertà ed onesta che rende superfluo lo stato come istituzione esecutiva. Ed essi esigevano una grande comunità popolare, federale.

I socialisti religiosi agivano in parte all’interno, in parte in stretta relazione con il partito. A Zurigo ed altre località, soprattutto della Svizzera Orientale, si formarono comunità di socialisti religiosi –ecclesiastici. Si può avere un’idea dell’estensione del movimento dal fatto che alla terza conferenza religiosa-sociale dell’aprile 1909 parteciparono circa 200 teologi svizzeri, per lo più giovani.

Se Kutter aveva inizialmente esordito, per così dire, con squilli di tromba e aveva ricordato ai cristiani il diritto di Dio trascurato nei riguardi dei proletari, egli fu anche uno dei primi che si distanziò nuovamente dal movimento. Quanto più il movimento religioso sociale progrediva, tanto più egli se ne allontanava. Non volle mai comparire in pubblico. Voleva solo predicare e solo in Chiesa, a parte i suoi libri. Egli insisteva su questo punto: bisogna far agire solamente Dio e mettersi nell’attesa di Lui. E questo era il rimprovero contro gli altri, essi volevano agire da se stessi e, se possibile, anche con la politica. Così si rafforzò sempre più la divisione in un’ala attivista e un’ala quietista. Naturalmente ne risultava frenato lo slancio inizialmente così potente del movimento.

In occasione dello sciopero generale del 1912 a Zurigo, quando alcuni socialisti religiosi si opposero al bando militare e altre misure oppressive contro il mondo operaio e si impegnarono a favore degli operai, si giunse alla rottura. Kutter si distanziò pubblicamente dal modo di agire dei socialisti religiosi.

La prima guerra mondiale significò un grave disinganno per l’iniziale entusiasmo del movimento. Si estese, perciò, la coscienza di distanza tipica della futura teologia dialettica: il regno mondano e il regno di Dio stanno in rapporto di abissale opposizione l’uno all’altro.

Con il calo dell’elemento teologico, si compì una laicizzazione del movimento religioso-sociale. Rasgaz rinunciò al suo incarico per dedicarsi completamente a questo lavoro. Egli divenne la guida di Settlement , il “Gartenhof”. Questo, oltre che centro d’azione per il movimento sociale, divenne punto d’incontro del proletariato e una specie di scuola popolare. Il lavoro del movimento tendeva soprattutto al corporativismo. Inoltre faceva valere il suo influsso nel partito. Esso si oppose con tutti i mezzi al tentativo di legare il movimento operaio svizzero alla III Internazionale. Per poter combattere più efficacemente “la fede nella violenza” degli operai venne fondato accanto a Neue Wege la rivista Der Aufbau, specializzata in problemi socialisti.

Essa divenne anche il cnetro della lotta contro il militarismo nella Svizzera. Chiedeva servizio civile, disarmo e obiezione di coscienza. Quando nel 1935 il partito socialdemocratico assentì alla difesa militare del paese, Ragaz e alcuni suoi prominenti amici se ne staccarono.

Dopo la morte di Ragaz, nel 1948, si giunse ad una divisione sul modo di giudicare il comunismo e la politica sovietica. “La nuova unione religioso-sociale” (organo: Der Aufbau), è contrariamente alla “Unione religioso-sociale” (organo: Neue Wege), espressamente anticomunista.

2. Il socialismo religioso tedesco

La rivoluzione del 1918 che pose fine alla monarchia in Germania, concluse pure l’episcopato dei principi sulle Chiese evangeliche nazionali. Benché la maggior parte delle chiese evangeliche con spavento mortale e non con volontà di comprensione della realtà , tuttavia vi furono anche delle isolate eccezioni che accettarono la mutazione della configurazione politica della Germania e cercarono di introdurre nella Chiesa il pensiero democratico.

All’inizio dello sviluppo del socialismo religioso tedesco c’è l’assemblea di Tambach tenuta nel settembre 1919. L’iniziativa era provenuta da un gruppo che era il frutto della fusione di ex –studenti di Marburg, di unione di chierici religioso sociali e di una antica comunità cristiano comunista  che si faceva chiamare “La nuova opera”. Questa insistette per uno scambio di esperienze con gli Svizzeri. I parroci dell’Assia Herpel e Schultheiss indissero allora un incontro in Turingia.

L’insieme dell’assemblea composta di circa 100 partecipanti era molto diviso. Dai “Rivoluzionari cristiani” che si consideravano a sinistra della USPD, essa si estendeva ai “Socialisti di novembre” come il professore Ehrenberg di Heindelberg, rappresentante della Chiesa popolare di Baden, fino ai critici simpatizzanti di Guenther, Dehn. Così il sentimento dei partecipanti non era affatto unitario. Si era solamente d’accordo sul sentimento che era necessario un rinnovamento religioso. Tutti era mossi dagli sbalzi degli ultimi anni e cercavano, da cristiani, nuove vie nella vita ecclesiastica e politica.

Il tema dell’incontro era, corrispondentemente, la posizione dei cristiani nei riguardi del socialismo e del mondo operaio. La relazione principale su questo argomento la tenne, al posto del Ragaz impedito dalla malattia, il parroco di Safenwil, Karl Barth. Travisandolo intenzionalmente, Barth mutò il tema “I cristiani” in “Cristo il Signore”, contrapposto alla società, qualunque fosse la sua struttura.

Ed egli si scaglio con tutta la propria forza contro il tentativo di coprire i propri programmi, progetti, ideologie con una benedizione religiosa. Chi pretende di servirsi di Dio per la propria causa, abusa del suo nome.

Solo pochi, come Karl Mennicker, che indignato lasciò l’assemblea, notarono che questo era un discorso programmatico per il socialismo religioso. La maggior parte, invece, fu profondamente impressionata e lasciò l’assemblea con la convinzione che tutto ciò che abbraccia la parola religiosa-sociale appartiene pure alla sequela di Cristo. E si andò avanti con più vigore nelle proprie iniziative più o meno religiose socialiste.

Prima di occuparci della fondazione dei singoli gruppi religioso-socialisti, deve essere ancora chiarita la questione perché i fondatori ed ispiratori di questo nuovo movimento poterono assumere una posizione particolare nel protestantesimo tedesco e perché essi reagirono anticipatamente agli eventi e agli sviluppi di quegli anni.

Bisogna distinguere tre motivi chiarificatori e tre circoli di persone (che tuttavia spesso si interferiscono). Il primo gruppo proviene dal liberalismo, Emil Fuchs, Paul Piechowsky e George Wuensch. Essi, come esigenza basilare di un cristianesimo libero, portarono con sé la convinzione di dover affrontare nella fede i compiti del presente. Ad essi si riunirono i fondatori del movimento della Chiesa popolare di Baden che, nel democratico Baden, potevano già contare su una tradizione più lunga al riguardo. E infine appartengono a questo gruppo gli ex membri del congresso evangelico-sociale, come l’amico di Naumann, il parroco Ernest Lehmann di Mannheim.

Il secondo circolo era costituito da parroci che già prima della rivoluzione avevano lavorato in un milieu dove predominavano i proletari e che vi avevano esperimentato con quale incomprensione la comunità cristiana si rivolgeva ai lavoratori e alla socialdemocrazia. Ad essi apparteneva Guenther Dehn. Ed anche Emil Fuchs aveva fatto esperienze simili a Ruesselsheim ed Eisenhach.

Il terzo circolo, infine , aveva vissuto l’esperienza della guerra mondiale. A costoro, dopo gli orrori di questa guerra, non era più possibile , come nella maggior parte dei parroci, esaltare romanticamente la guerra. Essi si eran piuttosto convinti che la guerra mondiale aveva addirittura portato ad absurdum la guerra. E se proprio le si voleva dare un senso, questo era che essa doveva portare al più presto ad un disarmo mondiale ed a una collaborazione dei popoli. Erwin Eckert era un tipico rappresentante dei giovani volontari di guerra . Ma anche altri che avevan svolto la funzione di cappellani militari, come Paul Tillich e Hermann Schaft, divennero critici del militarismo, a causa della guerra. Essi creditarono pure una nuova sensibilità per le questioni sociali.

Alla fine del 1918, il deputato socialdemocratico Dr. Diets e il parroco della città Rohde invitarono a costruire a Karlruhe “una Unione  della chiesa popolare di Baden” per realizzare così la Chiesa popolare. Nello stesso tempo a Pforzheim, il vicario di Eckert assecondava le tendenze ecclesiastico-popolari e vi fondava la “Lega dei proletari evangelici”.

Inizialmente si prese l’avvio solo dall’ideale di una “Chiesa popolare” che doveva scegliere i suoi rappresentanti tramite elezioni primarie con la partecipazione di più estesi circoli popolari e che tendeva a una costituzione ecclesiastica democratica. Preso, però, ci si rese conto che la forza d’urto del movimento non proveniva dalla democrazia , ma dal socialismo. Quando gli elementi borghesi disapprovarono lo stretto legame con il movimento operaio, vennero battuti nelle elezioni e si staccarono da se stessi dal movimento. Così nel corso dell’autunno 1921 “L’unione ecclesiastica popolare di Baden” si mutò in “Lega dei socialisti religiosi”.

A Berlino si iniziò indipendentemente dagli avvenimenti di Baden . Su proposta di Guenther Dehn insieme al sindacalista Berhard Goering, venne fondata il 28 marzo 1919 a Berlino una “Lega di amici socialisti della Chiesa”. Tramite la sua attività doveva essere simbolicamente mostrata l’affinità tra Cristianesimo e socialismo. Egli tenne molte conferenze pubbliche e adunò uno stuolo di membri attorno a sé. Anche in altri settori di Berlino si formarono gruppi simili, come quello di Neukoelln che, sotto la direzione di Paul Piechowski, svolse un vivace lavoro religioso-socialista. Nel dicembre del 1919 si tenne una assemblea di tutti i circoli religioso-socialisti di Berlino alla quale partecipò anche l’associazione “Nuova Chiesa” fondata da Lic. Aner. In quest’assemblea venne decisa l’unione di tutti i singoli gruppi e il nuovo movimento  venne denominato “Lega dei socialisti religiosi” contro la protesta di Dehn che, per questo motivo, si ritirò dalla presidenza e in seguito si distanziò  sempre più dal movimento. In un programma si rendevano contemporaneamente noti compiti e fini del movimento.

Nel 1922, poi, l’associazione strinse un patto d’alleanza che assicurava la collaborazione con “l’UNIONE DEGLI AMICI RELIGIOSI DELLA RELIGIONE E DELLA PACE FRA I POPOLI” fondata dal parroco  August Bleier. Dal 26 al 28 novembre 1921 ebbe luogo a Berlino il primo congresso dei religiosi socialisti che allargò il movimento a “LEGA DEI SOCIALISTI RELIGIOSI DI GERMANIA”. Questa comprendeva diversi gruppi a Berlino e fungeva allo stesso tempo da associazione centrale almeno per la Germania. A essa erano subordinati gruppi locali a Colonia, Stettino, Breslau, Koenigsberg. Inoltre aveva ancora molti altri membri isolati.

Quando, poi, si furono organizzati altri gruppi locali nel Palatinato, nella Baviera, nel Wuettemberg, nella Turingia, nella Lippe e nella Renania, i gruppi tedesco meridionali e i gruppi del nord della Germania si unirono in Meersburg dapprima per una comunità di lavoro nell’agosto del 1924, quindi nel 1926, nella LEGA DEI SOCIALISTI RELIGIOSI DI GERMANIA” Suo organo divenne il socialista religioso, foglio domenicale del popolo lavoratore che venne redatto, per più anni , da Erwin Eckert. Dal 1920 vi si aggiunse la rivista scientifica La rivista per religione e socialismo, curata da Georg Wuensh,

L’opera dei socialisti religiosi trovava la sua espressione in molteplici campi: nel lavoro della comunità, nella politica della Cghiesa, nella grande politica e, infine, come manifestazione del suo intento, nei congressi religiosi-socialisti. L’opera della comunità è molto diversa a nord e a sud. Nel sud della Germania i parroci socialisti religiosi potevano attrarre ancora una grande quantità di operai alle manifestazioni ecclesiastiche tradizionali. Molte migliaia di operai era soliti assistere alle funzioni tenute il primo maggio. E , in genere, essi partecipavano numerosamente alle funzioni dei socialisti religiosi.

Completamente diversa era la situazione del nord della  Germania e soprattutto a Berlino dove il proletariato si era copiosamente allontanato dalla tradizione ecclesiastica. Qui i parroci socialisti- religiosi si organizzavano ore libere religiose, istruzioni per i giovani e discussioni. Dato che i socialisti religiosi volevano influire nella mutazione della Chiesa e sul popolo di Dio dovettero decidersi – dove la costituzione lo permetteva e cioè in Turingia e Baden – a partecipare alla politica ecclesiastica. Poiché essi non disponevano di un grosso apparato, i pochi membri dovettero spendere quasi tutto il loro tempo e l’energia personale. Così pochi oratori passarono da una manifestazione a una riunione, tennero discorsi e parteciparono a proclami.

Essi si recarono ugualmente in gradi città e piccole località e non era raro il caso che i cattivi mezzi di trasporto e l’organizzazione deficiente resero addirittura impossibile l’apparizione in pubblico.

Dato che il socialismo religioso sembrava rafforzare il libero protestantesimo  e dato che molti liberali salutarono calorosamente gli sforzi a favore degli operai, sembrò possibile all’inizio un accordo elettorale con i liberali in Turingia.

Ma, dato che la maggior parte degli elettori liberali proveniva dalla borghesia possidente, costoro nella prima elezione ecclesiastica cancellarono tutti i candidati religioso-socialisti dalle liste comuni. A partire da questo momento tutti i candidati religioso-socialisti di Turingia dovettero presentare una propria lista. In questa maniera essi non andarono al di là di un ristretto circolo elettorale. In ogni caso esso restò costante per tre elezioni e diede 7 deputati nel 1926m nuovamente 7 nel 1929 e 8 nel 1932. Nel Baden i rapporti di grandezza erano simili. Lì, nelle elezioni per il sinodo regionale furono dai ai socialisti religiosi 13.000 voto nel 1921 e 28.000 nel 1926, il che significò 8 deputati e un rappresentante nel governo della Chiesa.

Il lavoro politico ecclesiastico dei socialisti religiosi non può essere ulteriormente studiato. Vennero solamente toccati brevemente due eventi.

Erwin Eckert, che nel 1925 era il presidente della lega, venne eletto dal sinodo regionale del Baden, del quale egli faceva parte dal 1927, per partecipare al III sinodo ecclesiastico evangelico tedesco, a Norimberga nel giugno del 1930. In questo sinodo ecclesiastico, egli solo, tra i 210 Membri del DEK, votò contro una dichiarazione “sulla persecuzione dei cristiani in Russia” e restò ostinatamente a sedere durante una preghiera per i cristiani perseguitati in Russia. Questo comportamento suscitò grande sensazione e scandalo e gli procurò una ammonizione della direzione dal sinodo ecclesiastico. Il presidio del sinodo ecclesiastico venne, in verità, incontro alla richiesta di Eckert di poter spiegare il suo atteggiamento in una dichiarazione pubblica; tuttavia questo discorso venne , in verità incontro alla richiesta di Eckert di poter spiegare il suo atteggiamento in una dichiarazione pubblica; tuttavia questo discorso venne, in breve tempo, sommerso da un tumulto scoppiato nell’assemblea. Eckert venne letteralmente strappato dal podio degli oratori. Durante la campagna elettorale del 1930, Eckert e la sua direzione ecclesiastica si scontrarono più volte. Questa gli proibì di parlare in assemblee elettorali per la SPD. Eckert ignorò questa proibizione facendo rilevare che non era stato proibito l’aiuto elettorale per nazionalisti e nazionalsocialisti da parte dei parroci. Il passaggio di Eckert al partito comunista tedesco nel 1931 forniva l’occasione per dimettersi dal ministero ecclesiastico. Così si è anche fatto il passaggio alla grande politica. I socialisti religiosi sostennero in genere la politica del SPD. In Ciò dovette sperimentare che la costruzione della democrazia e l’educazione ad essa necessaria non erano affatto volute dai circoli borghesi. Così essi tentarono di inserirsi nei punti in cui la SPD mancavano gli uomini necessari alla costruzione dello stato socialista.

Soprattutto il grande talento di Erin Eckert nell’agitare le masse, pose spesso il movimento al servizio di intenti politici socialdemocratici. Così avvenne quando su richiesta dei partiti socialisti si svolse un plebiscito che doveva ottenere una regolazione legale dei possedimenti dei principi. La sera precedente il voto popolare, Eckert parlò nel municipio di Stuttgart alla presenza di circa 10.000 persone. Egli, come altri socialisti religiosi, respinse la tesi che la decisione popolare veniva avversata da parte ecclesiastica in nome della coscienza cristiana. Un atteggiamento motivato a partire da Cristo esigeva la considerazione della provenienza spesso ambigua dei beni dei principi, come pure la cognizione che, secondo il punto di vista biblico-evangelico, non si può parlare di una “santità della proprietà privata”. Lo stato non regolato era, in verità, non formalmente ma effettivamente fuori del diritto, dato che esso escludeva ogni possibilità di difesa nei confronti delle pretese ingiuste e antisociali dei principi. Perciò bisognava votare una nuova regolazione dei possedimenti dei principi.

A questo punto si inserisce pure lo studio analistico dei problemi economici e social-politici del tempo. Dsll’inizio del 1926 George Wuensch scriveva regolarmente su Mondo cristiano delle panoramiche sulla situazione economica e sociale. Questo venne continuato dal 1929 fino al 1933 sulla “Zeitschrift fuer Religion und Sozialismus” (Rivista per la religione e il socialismo).

L’organizzazione dei congressi religiosi-socialisti, nei quali ci si incontrava ogni due anni, rappresentava una manifestazione della volontà di tutto il movimento. In essi ci si preoccupava dei problemi più scottanti della rispettiva situazione mondiale e si prendeva posizione al riguardo con deliberazioni e risoluzioni comuni. Così i temi principali dei congressi di Manheim, 1928, e Caub, 1931, furono la situazione sociale condizionata dalla cristi economica e la minaccia del nazionalsocialismo.

Si può fare solo una stima approssimativa del numero dei partecipanti. Dato che il Foglio domenicale del popolo operaio aveva all’incirca 2000 lettori, si può presumere che il numero dei partecipanti non era superiore.

Il gruppo che faceva capo a Paul Tillich, Carl Mennicke ed Eduard Heimann tentava di approfondire il socialismo religioso soprattutto nel campo letterario e aspirava, in questo modo, all’eliminazione del contrasto tra socialismo e cristianesimo. Esso formava il brillante coronamento del movimento pratico. La sua azione si diffuse naturalmente solo in circoli culturali, vie era però sufficientemente influenze. Esso non si attendeva niente dalla Chiesa per la soluzione dei suoi compiti. Così Mennicke pubblicava: Fogli per il socialismo religioso (1920/1927) Più tardi uscirono fino al 1933: Nuovi fogli per il socialismo curati da Eduard Haimann, August Rathmann e Paul Tillich.

Interroghiamoci ora sulla valutazione contemporanea dei socialisti religiosi. La Chiesa li respingeva come non cristiani. Ma anche nel movimento socialista essi vennero aspramente combattuti, per motivi opposti, dal punto di vista del materialismo. In verità il partito socialdemocratico tollerava ufficialmente i socialisti religiosi, ma non li sosteneva in nessun modo. Così, da nessuno amati, combattuti dalla propria Chiesa e da raggruppamenti di forze politiche di destra e di sinistra, i socialisti religiosi dovevano affrontare una lotta impari. L’irruzione del nazionalsocialismo nel 1933 pose fine anche al loro lavoro.

  1. LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DEI SOCIALISTI RELIGIOSI

Contemporaneamente ai socialisti religiosi svizzeri, sorsero gruppi socialisti religiosi simili anche in altri paesi. Presto, quindi, si svilupparono rapporti tra gli Svizzeri e la “Christian socialist Fellowship” intono a Rauchenbusch e con il “Cristianisme social” francese intorno a Gounelle, Monod, Passy, Gide e Fallot. La collaborazione con gli amici in altri paesi divenne così stretta che nel 1910 si convocò un congresso internazionale del cristianesimo socialista a Besançon. Più tardi entrarono a far parte dell’unione internazionale gruppi provenienti da Belgio, Itlaia, Olanda, Scandinavia, Cecoslovacchia, America e Giappone.

Il concresso mondiale del cristianesimo sociale, previsto per il settembre 1914, venne impedito dallo scoppio della prima guerra mondiale. La guerra pose anche temporaneamente fine al movimento internazionale. Esso non riunì più pubblicamente fino al 1918.

Ma dopo la guerra le conferenze vennero riprese a intervalli triennali.

Nella conferenza di Barchem, 1924, la delegazione tedesca si distinse in modo particolare. Era soprattutto il circolo di Tillich che muoveva delle critiche all’attesa del regno di Dio di Ragaz.

Nelle conferenze di Le Loche, 1928, e Lievin, 1931, le questioni di politica contemporaneamente passarono in primo piano: la crisi dell’economia mondiale e l’avanzata del nazionalsocialismo. Le conferenze presero posizione con voti decisi nei riguardi dei rispettivi problemi.

All’ultima conferenza internazionale prima della seconda guerra mondiale in Eptingen (Basilea), 1938, i Tedeschi già non poterono più partecipare. In compenso Otto Banez, il presidente dei socialisti religiosi austriaci, divenne speaker del congresso. Egli tirò le somme sul fallimento del socialismo nei confronti del fascismo.

Dopo la seconda guerra mondiale si ebbe una nuova orientazione generale del socialismo religioso. La federazione internazionale dei socialisti religiosi che scelse come sede Bentveld, in Olanda, saluitò nel 1953 la risoluzione votata unanimemente dall’Internazionale dei partiti socialdemocratici in Bentveld secondo la quale il Cristianesimo è stato una delle sorgenti spirituali ed etiche del socialismo in Europa. La lega considerò questo distacco dall’ideologia marxista come frutto della sua opera. (periodo della guerra fredda, N.d. r). Questa risoluzione operò il mutamento dei programmi dei partiti socialdemocratici e la formazione di rapporti positivi con la Chiesa.

  1. D) LO SVILUPPO DEL SOCIALISMO RELIGIOSO TEDESCO DEL DOPOGUERRA

Benché ls tradizione in Germania fosse interrotta dal terzo Reich, un intenso lavoro religioso-sociale venne ripreso nel 1945 in diverse località come Francoforte, Darmstard e Berlino. Così le regolari riunioni domenicali tenute dal 1946 in Francoforte intorno a Emil Fuchs, Ludvig Metzger e Walter Dirks erano inizialmente molto frequentate. Gli uomini disorientati dal crollo dovevano essere preparati con molti discorsi al lavoro per il futuro.

Ingiustamente regnava l’impressione che il primo socialismo religioso fosse fallito. Dato che, inoltre, sembrava superata la vecchia inimicizia tra cristianesimo e socialismo, tra Chiesa e socialdemocrazia, si reputò del tutto superata una organizzazione del socialismo religioso.

Quando, poi, in Kassel nel 1948 venne nuovamente fondata una “Lega di socialisti religiosi”, doveva trattarsi di un inizio totalmente nuovo. Ora si rifiutava il concetto di un “socialismo religioso” come una forma particolare del socialismo. In sua vece la lega sosteneva un cristianesimo evangelico sulla base del socialismo democratico.

La nuova unione che dal 1957 porta la denominazione aggiunta di “Comunità per cristianesimo e socialismo” (organo: Cristiano e socialista curato da Heinrich Shleich, Francoforte sul Meno, è composta di piccoli gruppi e di una quantità di singoli che sostengono pubblicamente le loro opinioni in incontri serali e in occasionali manifestazioni maggiori.

La divisione in Est- Ovest ebbe il suo influsso anche sul socialismo religioso. Numerosi socialisti religiosi, una volta molto attivi, vivono nella Germania Orientale. Essi dovevano, naturalmente, percorrere un cammino diverso da quello della Germania dell’Ovest. Loro portavoce e guida divenne Emil Fuchs. Nel 1948 vi furono delle trattative per una cattedra a Fuchs a berlino e Lipsia. L’invito a Berlino cadde nel vuoto per l’opposizione del vescovo Dibelius. Così Fuchs accettò l’invito per Lipsia. Questo gruppo di ex socialisti religiosi considerava suo compito sostenere lo stato nella costruzione del socialismo. La piattaforma per una collaborazione con la SED la vedevano nel modo comune di intendere l’umanesimo.

Leonhard Ragaz: Che cosa è il socialismo religioso?

Se debbo tentare di rispondere molto brevemente, più per accenni e allusioni, che sistematicamente ed esaurientemente alla domanda: che cosa è il socialismo religioso, allora sono prima necessarie due premesse:

Prima di tutto quando si parla di socialismo religioso non si può troppo considerare in nome di questa realtà come indicazione del suo essere; per quanto io sappia, esso è sorto casualmente e non bisogna attribuirgli importanza in alcun modo. Paragonandolo con esempi maggiori: esprime tanto poco il senso e la portata della realtà alla quale richiama, quando lo fanno rispettivamente i nomi “Protestantesimo” e “Cristianesimo”. I nomi provengono spesso da circostanze esterne, occasionalmente, come ho accennato da momenti puramente casuali. Perciò si può avere qualche indicazione simbolica, ma non si può pretendere di dedurre troppo da loro, in nessun caso.

La seconda premessa è ancora più importante. Di fronte a un tale fenomeno come il socialismo religioso, facciamo bene a ricordarci delle tesi di Bergson, di definirlo il vivente. In quanto il vivente come tale è in divenire continuo è pieno di sviluppo creativo. Si può definire (vale a dire comprendere e in concetti definiti), solo il perfetto, non ciò che sta sviluppandosi, ciò che sta riposando non ciò che è mosso. Quando abbiamo a che fare con qualcosa di vivente, diveniente, crescente, non possiamo formare dei concetti finiti nei quali incarcerarlo, noi possiamo, per così dire, indicare il posto in cui si sviluppa il suo essere, accennare al suo senso e contesto, possiamo innalzare la sua bandiera ed erigere il suo vessillo. E si capisce allora da se stesso che ogni simile tentativo è soggettivo, anzi in un senso ancora diverso da quanto si verifica in ogni altro tentativo di comprendere un soggetto, pensando e guardando. La cosa si presenta allora così che colui che descrive un movimento è al tempo stesso uno che lo paragona con molti altri e lo comprende proprio nel suo modo particolare.

In questo senso sono da intendere le spiegazioni  seguenti, non vogliono essere una definizione, ma una indicazione e una testimonianza.

Vorrei affrontare il tema in modo tale che per amore di semplicità e trasparenza nella rappresentazione, io prenda l’avvio da due errori che spesso, come mostra l’esperienza, sono inerenti alla realtà chiamata socialismo religioso. Si può credere che si tratti si tratti di socialismo con un po’ di colorazione religiosa, oppure di cristianesimo con un ò di colorazione sociale. Rispettivamente, allora, ci si rivolge contro il socialismo religioso dal punto di vista religioso profondo e autonomo contro qualcosa che si ritiene una pianificazione e uno sdilinquimento preciso, deciso concepito, forse, come fortemente rivoluzionario, come contro qualcosa che si ritiene un indebolimento riformista e una deviazione ideologica e confusione della lotta socialista. Allora il socialismo religioso si trova tra religione e socialismo come qualcosa di torbido, nebuloso, debole prodotto bastardo osteggiato da tutte e due le parti, disprezzato dai più tipici rappresentanti di tutte e due le potenze.

Bisogna quindi spazzar via questo doppio malinteso se vogliamo progredire la nostra causa potentemente.

2

Comincio con ciò che è la religione nel socialismo religioso. E mi si permetta allora di parlare di cristianesimo anziché di religione, oppure quando dico “religione” si comprenda semplicemente “cristianesimo”. Poiché questo tempo davanti agli occhi, solo di questo posso parlare con una certa competenza. Ma quel che dico in proposito può certamente valere –mutatis  mutandis – anche del giudaismo per esempio che si riconosce nel socialismo religioso e felicemente vi è un tale giudaismo e, per di più, nient’altro che disprezzabile, come  pure riguarda il rapporto del protestantesimo e il cattolicesimo al socialismo religioso. Quando io parlo di “cristianesimo” anche questo è ovviamente un concetto problematico, un concetto che forse comprende in maniera esigua quel proprio che noi socialisti religiosi intendiamo, ma è il concetto che più da vicino richiama il nocciolo dell’essenza del nostro problema.

In questo senso dichiaro :il socialismo religioso non deve e non vuole essere solo un socialismo con colorazione religiosa ma semplicemente l’intero cristianesimo senza alcuna diminuzione. Esso abbraccia tutta la verità, non solo una parte di essa. Non si tratta di diminuzioni o divisioni, ma della comprensione del tutto: il socialismo religioso è una comprensione di tutto il cristianesimo di cui mette in evidenza il senso sociale.

Naturalmente anche questa definizione deve essere salvaguardata da false interpretazioni. Se il socialismo religioso mette in evidenza il senso sociale del cristianesimo, questo non vuol dire per es. che esso elimini  il senso individuale del cristianesimo. Questo resta ma si unisce al senso sociale. Il rapporto reciproco dei due elementi lo si può concepire diversamente. Lo si può pensare in modo pensare in modo polare ossia che vi sia una tensione tra individuo e comunità oppure si può ordinare oppure sottomettere il momento individuale a quello sociale. Per in nostro problema è secondario se ha luogo la prima o la seconda soluzione. In tutte e due i casi si può sostenere tutta la verità sociale del cristianesimo. Carlyle, Vinet, Tolstoi, Lagarde sostengono con uguale impeto sia i diritti e i doveri  dell’individuo che i diritti e i doveri della comunità.

Il socialismo religioso è una visione sociale di tutto il cristianesimo. Non è neppure, dunque, una certa modernizzazione che porterebbe via dal cristianesimo tutto ciò che potrebbe essere d’intralcio , per es. al socialista comune di tendenze moderne. Esso, in quanto tale, non è quindi razionalismo, liberismo, o modernismo. Per dirla paradossalmente il socialismo religioso accetta non solo la fede della nascita verginale da Maria di Gesù come la presenta il Nuovo Testamento (i teologi comprendono perchè parto proprio da questo esempio!) ma anche la confessione di fede atanasiana e tutto il dogma della Chiesa.  Si voglio parlare ancora più paradossalmente: esso presuppone tutto questo , tutto questo gli appartiene.  Se non vuole perdere qualcosa del suo senso pieno, non le può mancare nessun granello del tesoro autentico e originale della verità cristiana.

Certamente mi debbo affrettare a dire che esso rinuncerebbe anche a se stesso se volesse, per esempio comprendere il credo in senso dogmatico- intellettuale e renderlo suo centro d’interesse. Esso non può essere ortodosso se con questa parola si intende se la forma intellettuale del dogma oppure,  in generale, la comprensione intellettuale a una qualsiasi verità di fede sia essa desunta immediatamente dalla Bibbia, sia essa espressa dommaticamente,  fosse l’essenziale o la condizio sine qua non di tutto il resto. Esso verrebbe eliminato se la concezione verginale di Cristo o tutto il resto del credo atanasiano, in quanto formula, dovesse divenire il distintivo del discepolo di Cristo. Perchè verrebbe cosi eliminato il nocciolo e lo splendore del socialismo religioso: la comunità la cui ultima parola è l’amore per cui resta l’ultimo e il massimo distintivo del discepolo di Cristo. Ogni accentuazione unilaterale della formula allontanerebbe da esso  e porterebbe, in qualche modo, ad un individualismo religioso di falso genere.

Comunque sia – ritorno subito all’argomento – il socialismo religioso deve in ogni caso abbracciare tutto il cristianesimo. Esso si mantiene assolutamente fedele alle verità antiche, fondamentali del cristianesimo, le spiega solo diversamente, le comprende in maniera diversa da come per lo più le si è comprese finora. Da questo punto di vista esso non è assolutamente niente di nuovo, ma solo una spiegazione dell’antico e dell’antichissimo; sì come tutti questi movimenti  sentirà il bisogno e pretenderà di rifarsi proprio all’antico e all’antichissimo e concepirlo in maniera nuova. Il cristianesimo ha annunciato unilateralmente, per lunghi periodi, la verità individuale. Ha fortemente spinto verso il centro il suo annuncio fra Dio e il singolo, dal Dio al singolo e dal singolo a Dio. L’assioma di Agostino “Dio e l’anima, l’anima e il suo Dio” è stato addirittura superato dai riformatori e più ancora dai suoi successori. Il cristianesimo ha annunciato e rappresentato  profondamente, riccamente, e potentemente la redenzione e la salvezza individuale – la vittoria sul mondo, carne, morte diavolo ad opera della potenza di Dio e la sua Grazia apparsa in Cristo, la vita e la beatitudine che ne derivano  – ma quasi sempre con un forte accento sul singolo e uno molto più debole della comunità.  Detto più precisamente: la redenzione sociale, la redenzione del mondo, da peccato,  necessità e morte, il superamento della guerra, del mammone (denaro), della povertà, della malattia, dell’egoismo dell’ingiustizia, la promessa di un nuovo cielo e nuova terra, tutta una metà, forse la più grande dell’annuncio è stata ridotta, mutata, scolorita, è stata di gran lunga insufficientemente espressa nel suo impeto e nella sua pienezza, nella sua attualità, nella sua forza giudicatrice e beatificante.

Questo è ciò che il socialismo religioso deve mutare. E’ un correttivo contro una unilateralità vecchia e potente e perciò esso stesso deve essere unilateralmente. Deve espressamente porre l’accento in maniera diversa. Ma ancora una volta: esso non può tagliare e sfigurare l’annuncio. Esso studierà il senso sociale del vecchio annuncio senza diluirlo o accorciarlo. Sì, esso troverà il sociale nella sua forza nella sua profondità più intensa  del religioso. Parlerà di Dio in modo tale che sarà chiaro che Dio è anche il legame più stretto dell’uomo con l’uomo, l’obbligo più forte della società. Se esso concepisce Dio non come idea. Ma come il Dio vivente, forte personale, allora questi è il Dio che può e vuole giudicare e redimere la realtà del mondo, il Dio che non sopporta idoli si chiamino essi mammone o Marte, Baal o Cesare, il Dio per il quale l’anima è incomprensibilmente  più importante di oro o macchina. Esso a Natale non parlerà di un amore vago, o di una “scolorita pace sulla terra”, ma cercherà di comprendere tutte le profondità del messaggio natalizio che consiste nell’incarnazione di Dio, e poi di dimostrare come questa incarnazione deve portare in Cristo questa mondanizzazione, ad un mondo di Dio e dell’uomo. Il Venerdì Santo non “svuoterà” la croce ma la annuncerà in tutta la sua “stoltezza”, ma la spiegherà  come l’amore di Dio, che discende nella colpa della società, che scopre tutta la solidarietà della colpa sociale e, allo stesso tempo, la forza di questa grazia che annulla e annienta anche questa colpa. Proclamerà l’annuncio pasquale in tutta la sua magnificenza, ma non parlerà soltanto di una resurrezione che salva il singolo dalla tomba per un lontano al di là, ma di quella resurrezione che salva il singolo dalla tomba per un lontano al di là, ma di quella risurrezione che assoggetta nel mondo la potenza della morte ed eleva la potenza di Dio. A pentecoste renderà testimonianza dello Spirito Santo che procedendo da un Dio Santo e forte e dal Verbo incarnato è la forza del rinnovamento e della rivoluzione del mondo. Proclamerà l’annuncio della comunità come di una società che non si esaurisce in un culto con alcuni aderenti, ma è portatrice della causa di Dio nel mondo e per il mondo, in tutta la verità cristiana, tutta, renderà così vivo il potente senso sociale, senza toccare il senso individuale, anzi proprio così adempiendo lo; esso , se posso ora esprimermi così, farà erompere dalle stesse profondità della religione, l’onda del socialismo religioso.

Se dunque, il socialismo religioso è semplicemente una nuova comprensione di tutta la verità cristiana, si pone la domanda se questa nuova comprensione non richiede anche una nuova concezione di ciò  che viene comunemente detto essenza del cristianesimo, diciamo giungere semplicemente il sociale all’individuale, oppure è necessaria una nuova, radicale comprensione affinché esso acquisti la sua autonomia?

Io credo  che la seconda soluzione sia la migliore. Il movimento del socialismo religioso dovrà necessariamente operare  uno spostamento di comprensione di tutto il cristianesimo. Voglio subito toccare il punto in cui , a mio giudizio, ci si imbatterà. La comprensione del cristianesimo contro la quale si leva il socialismo religioso è statica. Proviene da quel pensiero secondo il quale il mondo è finito, secondo il quale le concezioni del mondo esistenti sono contemporaneamente ordine divino, certamente solo temporanee, tuttavia tali che per questo mondo non vi è speranza di un mutamento sostanziale. Per un’espressione forte: Dio è un Dio che riposa e il mondo è un mondo che riposa. Va da sé che la salvezza è una salvezza essenzialmente per il singolo e l’apertura verso l’al di là rafforza ancora questo individualismo. Si capisce da questa rappresentazione che su tutto questo quadro grava l’ombra paralizzante del pessimismo. Contrariamente, il socialismo religioso sostiene un modo di pensare dinamico. Esso crede al dio vivente che non solo ha creato, ma crea tendendo al futuro, che non conosce un mondo stabile, finito, ma vuol mutare, rinnovare il mondo al Dio che continuamente opera, che è l’eterna rivoluzione del mondo. Esso crede al “regno di Dio” che è espressione del Dio vivente nel mondo. La parola del regno diviene necessariamente la grande parola del socialismo religioso. Questo regno avanza vivacemente. Abbatte i regni del mondo; come ha abbattuto Ninive e Babilonia, così abbatterà Roma , come ha abbattuto Moloch e Baal abbatterà anche il capitalismo e il militarismo. E se necessario, può, alla stessa maniera, abbattere anche il tempio, religione, cristianesimi che diventano loro benedizioni e protezioni. Il Regno di Dio abbatterà  tutti gli altri regni e realizzando se stesso, realizzerà anche l’uomo. Come questo regno è passato da Mosé a Geremia, così da Cristo si estenderà nel mondo finché il mondo non gli appartenga. La parola dello Spirito Santo, la preghiera delle preghiere divenuta per Christoph Blumhardt, il più grande rappresentante del socialismo religioso, il terzo motto dopo quello del Dio vivente e del regno di Dio. Come con tutto ciò viene superato un certo individualismo , così viene anche superato quel pessimismo che escludeva ogni vittoria decisiva del regno sulla terra. Il socialismo religioso, fortemente antinomista, come esso è secondo la sua natura, non considera meno del cristianesimo agostiniano la potenza del male, ma crede molto di più che la potenza di Dio può vincere questa potenza del male, crede alla forza della resurrezione di Cristo nel mondo, in mezzo al mondo, crede alle vittorie di Dio operate insieme ad uomini e comunità di uomini che hanno veramente fiducia in lui. Perciò la sua ultima parola è la speranza – la speranza per il regno sulla terra; perciò il suo atteggiamento è rivolto in avanti , in attesa della venuta del regno sulla terra; perciò il suo atteggiamento è rivolto in avanti, in attesa della venuta del regno di dio e del suo Cristo ed è , in questo senso, orientato verso l’ultimo: escatologicamente . Ma il Dio vivente non può , tuttavia, stare solo alla fine della storia, egli che era e viene , e anche – è ora e qui il vivente che crea il suo regno.

Io credo che il socialismo religioso, non appena comprende se stesso rettamente, deve avviarsi sempre sulla strada di una tale comprensione del “messaggio”. Questo lo mostra chiaramente anche tutta la storia fino a questo punto. Gli sarà certamente proprio un atteggiamento rivoluzionario nel senso più profondo e da questo fuoco si dipartirà tutta l’irrigidita lava della verità cristiana in fiume vivente.

Certamente non se ne può sviluppare una nuova dommatica religioso-sociale. Piuttosto bisogna dire ora ancora una parola sul metodo del suo pensiero. Sarà possibilissimo che a volte prorompe la corrente infuocata del socialismo religioso senza che riesca ad esplicarsi tutta la verità alla quale esso appartiene fondamentalmente. Per ritornare ancora una volta al rapporto con gli altri partiti religiosi, esso può prorompere tanto dal liberismo quanto dall’ortodossia e precisamente così che tutte e due restino inizialmente immutati. Ma esso significherà certamente un cambiamento fondamentale del metodo. Poiché l’accento sarà ora posto in maniera diversa. Ho già accennato che porre l’accento su forme intellettuali, siano esse liberali od ortodosse, significherebbe mutare il centro del socialismo religioso : la comunità e l’amore. Non cambio punto di vista se ora dico: il centro del socialismo religioso è l’attenzione prestata all’agire del Dio vivente e la fede nel suo regno. Sottolineare formule, significa un ripiegamento nel modo di pensare statico. Formulato diversamente: il dogmatico subentrerebbe al posto del profetico (in senso lato) che appartiene al socialismo religioso e la filosofia al posto dello Spirito Santo. Perciò sarà cura del socialismo religioso non fissarsi su una controversia riguardante la Bibbia, il miracolo, la divinità di Cristo, ma indicare semplicemente il vivente , il suo regno e il suo Spirito. Chi lo lascia regnare, viene introdotto in ogni verità. Non già che il socialismo religioso riterrebbe superfluo il lottare per quei problemi – questo è un grave malinteso che non ha alcun fondamento nella realtà – esso vuole solo che questa lotta non abbia luogo in uno spazio privo d’aria, ma vuole che avvenga nel mezzo della lotta con quella realtà nella quale il regno irrompe combattendo e il Dio vero si annunzia. Così esso supera liberalismo e ortodossia senza opporre loro una nuova dogmatica. Conserva una grandiosa libertà di movimento nell’unione con il Dio vivente, senza doverla mercanteggiare con una diminuzione della profondità e serietà religiosa. Per dirla in breve, il suo metodo è: “cercate prima il regno e la sua giustizia , e tutto il resto vi sarà dato” – anche tutta la necessaria comprensione della Bibbia, di Cristo, degli uomini, delle opere di Dio. E credo che questo metodo ha dato buona prova!

3.

Volgiamoci ora a ciò che è socialismo religioso. Come ricordiamo, a questo punto predomina il sospetto da parte del socialismo che si tratti di un po’ di colorazione sociale del cristianesimo, di una appendice del cristianesimo forse molto indeterminata, solo socialriformista. Contrariamente, bisogna assicurare che il socialismo religioso abbraccia, come il cristianesimo, anche il socialismo totalmente. La definizione è analoga alla precedente: Il socialismo religioso è una comprensione di tutto il socialismo di cui mette in evidenza il senso religioso.

Vogliamo tentare di delineare a grandi tratti che cosa è contenuta in questa formula.

Il socialismo religioso abbraccia tutto il socialismo. Non prepara, dunque, un programma socialista caratterizzato, forse più riformisticamente, da aggiungere al suo cristianesimo, ma investiga semplicemente sul senso del socialismo. Per dirla in breve, esso è una spiegazione religiosa del socialismo. Ne riconosce il senso religioso. Scorge in tutto il movimento socialista un’irruzione di verità che propriamente avrebbe dovuto sostenere la comunità cristiana. Dato che questa non lo ha fatto, ora il socialismo appare in veste mondana, appare per lo più non nel nome di Cristo, ma spesso in contrasto con esso, anzi, forse, nel nome dell’anticristo, almeno sul continente europeo (in Inghilterra la situazione è notoriamente diversa). Il regno di Dio per la terra che costituisce il senso della Bibbia e del cristianesimo, questa corrente sotterranea che scorre attraverso la storia, prorompe nel socialismo naturalmente ora mischiata a molti detriti che non provengono dallo Spirito Santo, dato che scorre tra rocce estranee. Questo non deve impedire alla comunità di Cristo di riconoscervi una palese volontà di Dio e di riconoscere, umiliata in profonda penitenza, la propria colpa di omissione. E’ Dio stesso che nella necessità e premessa del fermento sociale bussa alle porte della cristianità come giudizio e grazia. Egli viene nel socialismo come giudizio della cristianità. Egli sta presso gli “atei” e di là rimprovera i “pii”. Ma questo giudizio ha il senso che esprime la parola di Blumhardt senior pronunziata prima di morire. “Il Signore aprirà a misericordia la sua mite mano su tutti i popoli”.

Questa spiegazione religiosa del socialismo è la sua fondazione religiosa. Così si è trovata un’altra definizione che è naturalmente solo un’interpretazione della prima più generica: Il socialismo religioso non crea forme speciali di socialismo, ma conferisce una fondazione religiosa a tutto il socialismo in quanto tale. In essa contenute due affermazioni:

Il socialismo religioso è convinto che il socialismo non può sussistere senza una fondazione religiosa. La scienza, per quanto gli possa prestare dei servizi preziosi, non può tuttavia fondarlo. Poiché esso è essenzialmente una fede, una speranza sul fondamento della fede, una spiegazione del senso della storia, più precisamente: una spiegazione messianica della storia. Esso presuppone determinate valutazioni etiche soprattutto la santità dell’uomo in ogni forma, il valore incondizionato e infinito della personalità, e si basa sulla certezza religiosa che il mondo appartiene alla Potenza che in esso si manifesta. Il materialismo marxista della storia, presentandosi come scienza, ha la sua anima in questa fede messianica. Il socialismo può vivere per lungo tempo inconsciamente a partire da questa fede, a scorno dei pii consapevoli, che sono morti nella loro pietà, ma non potrà non avvenire che un giorno la fede inconscia del socialismo diventi conscia – altrimenti la sua anima si rattrappirà e si sostituirebbero degli idoli e dei demoni al Dio onorato inconsciamente! – come non potrà non avvenire che il messianismo del regno di Cristo , questo fuoco che cova sotto la cenere, spunti come fiamma luminosa dal centro della comunità cristiana. E’ il compito primo e decisivo del socialismo religioso risvegliare la comunità cristiana, detto meglio : aiutare e risvegliare nella comunità cristiana la coscienza che essa deve pregare lo Spirito Santo in questo senso. Solo, poi, in seconda linea viene il compito nei riguardi del proletariato socialista. (E’ meglio che parli subito di esso).

Esso gli deve riconoscere il suo diritto, prima di tutto in nome di Cristo. Quando ciò si è verificato – e precisamente non solo a parole, ma anche coi fatti! – allora può anche mostrargli che la sua speranza trova il suo fondamento stabile, portante solo nella fede del Vivente e nel suo regno. Forse una volta, verrà anche il giorno – ma solo dopo molte prestazioni, sofferenze , sacrifici – in cui potrà predicargli la penitenza , quando non lo farà da solo. Ma il suo primo compito è di predicare questa penitenza al cristianesimo, a se stesso. Su questa strada reincontrerà ciò che Dio ha unito, il diavolo separato: cristianesimo e socialismo corrono verso la stessa corrente.

Ma questa fondazione religiosa del socialismo è anche concepita in modo tale che il socialismo costituisca a priori una parte essenziale dell’annuncio (Vangelo) della cristianità. Esso è già contenuto nel Vecchio Testamento ed è sviluppato e completato nel Nuovo. Questo non è naturalmente il socialismo dei programmi di partito e delle moderne forme economiche e politiche, ma il fondamento eterno del socialismo: Dio, l’uomo, l’anima, il fratello, la solidarietà nella colpa e nella grazia, l’immediatezza dell’amore e della comunità, il servirsi reciprocamente, la speranza nel regno e nella sua ingiustizia, in breve, tutto il mondo cui si accenna con queste parole. Questo è il socialismo della Bibbia, il socialismo della “Parola di Dio”, il socialismo del Nuovo testamento, come dice un grande specialista. Franz Overbeck, si potrebbe forse dire: il socialismo nella sua sfera puramente religiosa, nella sua sfera divina, che pure immediata ed eterna, il socialismo del regno di Dio che diviene sempre regno dell’uomo. Questo socialismo è più radicale di ogni altro. Poiché quale radicalismo potrebbe andare oltre l’umanità santa , la fraternità, il regno di Dio? Quale rivoluzione potrebbe essere più rivoluzionaria dell’incarnazione di dio nel mondo, della sostituzione della schiavitù del mammone con il regno di Dio, della spada con la croce, di Satana con Cristo, dell’animale con l’uomo? Il socialismo religioso non può esaurirsi in riforme sociali, esso è socialismo, cioè la promessa e la pretesa di una società ordinata fondamentalmente ed essenzialmente in maniera diversa e nuova rispetto all’attuale. E’ la promessa e la pretesa di una conversione piena, di una metanoia del mondo come dell’individuo, è l’annuncio della rivoluzione di Dio contro la signoria degli idoli di questo mondo. Nel messaggio del regno è contenuto tutto il socialismo : la vittoria sul peccato, la morte, sul mondo: Poiché naturalmente è una fiaba che il socialismo religioso voglia identificare il regno di Dio con il socialismo, forse addirittura con il programma del partito. Il socialismo nel suo senso puro, ultimo è un raggio del regno di Dio, una parte essenziale del regno di Dio ma non tutto il regno di Dio. Ma anche il contrario: è una promessa ed una esigenza del regno di Dio.

Ma ora questo socialismo della Bibbia o del regno di Dio deve scendere nel mondo, deve essere il socialismo immediato ed eterno in mezzo alla storia, al tempo e ai rapporti umani. Qui si pone una nuova tesi che è anche solo una spiegazione delle tesi fondamentale e che appartiene all’essenza di tutto il socialismo religioso: la verità apparsa in Cristo deve divenire l’ordine del mondo. Il socialismo religioso toglie la divisione tra il regno di Dio e regno del mondo che esiste in forma di ogni specie del cristianesimo e che lo ha portato, inoltre, ad una fissità statica, con la fede e l’esigenza che la forza e la verità del regno di Dio vince il regno del mondo e così redime e santifica la realtà. Quel che esso accentua in modo particolare, come correttivo, è che nel regno di Dio è contenuta la realtà materiale e sociale, la società e l’economia e la politica. E fa anche questo in un senso pienamente biblico. Poiché il santo materialismo appartiene alle sue caratteristiche più profonde. La redenzione sociale è, in un senso particolare, la continuazione dell’incarnazione di Dio di cui è stato detto: “E il Verbo si fece carne”.

Ma come deve avvenire ora più precisamente il passaggio dal “Verbo” alla “carne”?

Una cosa è verta: il socialismo religioso starà dalla parte del proletariato. Questa è la santa eredità di Cristo. Cristo appartiene sempre “ai poveri”, Gesù va dai “doganieri e peccatori”; il socialismo religioso combatte con e per il proletariato la battaglia della sua liberazione ad uomo e fratello. Esso, in questo senso, prende parte alla sua lotta di classe. E’ secondario se usa o meno questa parola. Può avere buoni motivi per non usarla troppo facilmente, ma la causa stessa, la lotta del proletariato per la liberazione di se stesso e contemporaneamente di tutta la società deve essere naturalmente anche la causa del socialismo religioso. Un socialismo religioso che stesse da parte in questa lotta o che la vorrebbe indebolire , sarebbe essenzialmente un fantasma . Ma di questa lotta di liberazione del proletariato fa fa parte pure tutto il movimento operaio. Questo è, per così dire, solo un altro termine. Anche esso, naturalmente, in tutte le sue forme deve essere la causa del socialismo religioso. Altrimenti esso sarebbe di nuovo qualcosa di totalmente irreale, campato in aria.

Il socialismo religioso è una interpretazione e fondazione religiosa del socialismo e del movimento operaio, considerati ambedue nel loro senso ultimo.

Per quel che riguarda, però, le singole forme che il socialismo e il movimento operaio debbono far proprie nella vita economica, politica e culturale, va da sé che il socialismo religioso non ha un programma particolare. Esso non è legato ad una dommatica etico-sociale; esso non vuole , e nessuno lo può, legare ad una tale dommatica il nome di Dio. Tali forme sorgono e passano col tempo. Esse sorgono dal materiale della creazione di Dio e tendono alla realizzazione, ma vanno anche incontro al tempo del loro scioglimento. In questo punto il socialismo religioso lavorerà e combatterà in libertà insieme a tutto il movimento sociale e socialista. Non creerà, come detto , forme particolari. Si può, forse dire, che esso ha predisposizione per quelle forme socialiste che si avvicinano di più alla figliolanza di Dio e alla fraternità, detto sociologicamente : che incarnano meglio il suo principio fondamentale: comunione in libertà , comunione sulla base di libero legame. Una tale comunità è secondo, la sua essenza , la cooperativa. In esso il socialismo religioso di tutti i tempi ha effettivamente visto la forma adatta per il suo contenuto. Ma la cooperativa è la forma fondamentale di tutto il socialismo (che in tedesco si dice appunto “cooperativa”), è per esso la forma, la forma delle forme e in quanto tale non solo una forma particolare. Tutte le sue forme debbono portare questo tipo. Resta comunque fermo che il socialismo religioso non deve e non può creare forme particolari di socialismo religioso. Esso coopererà piuttosto, depositerà il suo meglio nelle forme che il movimento socialista ha generato. Cooperativa, sindacato, comune, riforma del suolo, politica sociale che edifichi organicamente, fondi nuovamente, un lavoro di formazione socialista, una politica socialista mondiale, perché non potrebbero essere forme nelle quali esso potrebbe riversare la propria anima? Naturalmente senza legarsi ad esse, senza credere che esse costituiscano il regno di Dio.

Il socialismo religioso deve conservare la stessa libertà nei confronti di tutti i partiti e programma di partiti socialisti. Esso può accompagnarsi con ognuno di essi, ma non può legarsi a nessuno. E’ chiaro che il socialismo religioso è fondamentalmente accessibile sia all’anarchico e comunista che al socialdemocratico o socialista complementare senza partito. In realtà il rapporto si formerà praticamente così che le diverse specie o gruppi di socialismo religioso staranno presto in stretta relazione con questa direzione del socialismo, ma questo non potrà cambiare il fatto che il socialismo religioso in quanto tale non si identifica né col programma della socialdemocrazia, né con l’anarchia, Né con il comunismo bolscevico, che esso è qualcosa di molto più ampio al quale, allora, debbono poter andare, debbono poter accedere tutti coloro che lo vogliono . E così è anche chiaro che il socialismo religioso in quanto tale non si identifica con il marxismo, come, d’altra parte , non si identifica con il Proudhonismo o il Bakunismo. Anche all’interno del socialismo religioso deve potersi lottare per le forme migliori di socialismo; esso ha la sua unità solo nell’interpretazione e fondazione religiosa del socialismo.

Se, in questo senso, il socialismo religioso non crea, da una parte, un programma socialista particolare, e dall’altra, non è legato in quanto tale ad alcun programma, si pone naturalmente la domanda se, allora, l’interpretazione e fondazione religiosa del socialismo non ne debba influenzare anche la formazione. Noi ci ricordiamo di aver anche dichiarato che il socialismo religioso non vuole essere un cristianesimo particolare, ma semplicemente il cristianesimo, il cristianesimo compreso socialmente e di aver poi mostrato che questa nuova comprensione sociale crea una nuova comprensione del cristianesimo. Non dovrebbe essere così anche per quanto riguarda il socialismo?

Io credo effettivamente di sì. Certamente resta fermo: il socialismo religioso non crea da se stesso nuove forme socialiste (come neppure forma nuove forme cristiane), ma muterà tutta la forma del socialismo, studiandone dappertutto il suo senso religioso. Senza creare forme socialiste particolari, preferirà, tra quelle presenti, quelle che gli sembrano esprimere meglio l’essenza del socialismo, preferirà quelle organiche , e libere a quelle meccaniche e violente . Per quel che riguarda lo spirito di tutta la lotta per il socialismo, respingerà e lotterà tutte le teorie e i dogmi socialisti sulla violenza; poiché non si può edificare su Dio, Cristo, lo Spirito e poi aver fiducia nella violenza . Tuttavia questo rifiuto e questa lotta non debbono e non possono essere dottrinali e autogiustificanti. Respingerà e combatterà la degenerazione del socialismo in puro materialismo (materialismo non santo) e nel puro egoismo collettivo. Si sforzerà di accordare i mezzi della lotta socialista con l’essenza del socialismo. Rifiuterà una lotta di classe che respira spirito militarista e serve solo all’odio; respingerà ogni genere di militarismo socialista. Si sforzerà di render sempre più puri il senso e i fini del socialismo e di porli sempre più in evidenza. Non amerà un radicalismo rivoluzionario fatto di parole, ma sosterrà, invece, un vero radicalismo che comprende il socialismo dalla sua radice, non lo comprende solo come teoria di una convinzione politica per raggiungere il potere ma come convinzione e vita e lo rende così vera rivoluzione del nostro mondo. In questo modo imparerà che il socialismo si venda a successi esterni, lo proteggerà dal prevenire ad un nuovo piccolo borghesismo. Combatterà la demagogia socialista, ma se resterà puro supererà ogni altro socialismo nel rigore della testimonianza della verità e nella fedeltà al servizio e renderà così testimonianza allo spirito che in esso opera.

4

Il socialismo religioso non è un socialismo colorato religiosamente, né un cristianesimo colorato socialmente, ma una crescita del cristianesimo dal quale scaturisce il suo senso sociale e socialista, come il sole spunta da dietro le nuvole; non è un rattoppo,  un mosaico, ma una figura genuina, totale, organica, il figlio legittimo della originale verità cristiana e il rinnovamento del mondo attuale. Devono esser notati ancora due punti che possono spiegare il senso del movimento.

Si capisce chiaramente da quanto detto che possono darsi, anzi diverse forme di socialismo religioso. Queste differenze possono riferirsi ora alla religione, ora al socialismo, ora al loro rapporto reciproco (vi sono anche sfumature!) ora avranno il loro fondamento nel modo particolare dell’origine , nella situazione particolare, nei compiti particolari che derivano. Gli uni avranno un modo determinato e ricco di pensieri dietro di loro, gli altri si concentreranno di più su alcuni punti; gli uni andranno più con la socialdemocrazia, gli altri più con l’anarchia e degli altri ancora forse addirittura col bolscevismo. Tutto ciò è possibile e realmente succede.  Come socialista religioso si può provenire da un ambito prevalentemente religioso liberale oppure prevalentemente religioso –positivo e portar con sé i gusci d’uovo di questa esperienza. Si potrà aderire più strettamente al marxismo oppure esser più riservato nei suoi riguardi. Si può sottolineare la necessità della lotta di classe oppure combatterla, tenendo presente fin dall’inizio solo la sua forma militaristica, piena di odio. E così via. E’ stato già accennato all’inizio di questo saggio che vi può, inoltre, essere un socialismo religioso giudeo e cristiano, protestante e cattolico.

Questa diversità di forme del socialismo religioso ha naturalmente  il suo lato negativo. Essa può portare ad una confusione, ad una avversione reciproca, ad una guerra spirituale tra fratelli. Se ne hanno esempi funesti. E tuttavia non bisogna non bisogna turbarsi troppo per ciò. La primavera del socialismo religioso deve aprirsi in variopinta ricchezza di forme. E’ necessaria solo quella libertà e apertura di spirito che non si attacca alla diversità, ma vede l’unità oltre di essa e cerca l’unità. Solo un tale spirito corrisponde, del resto, all’essenza del socialismo. Il socialismo deve avere una fisionomia ecumenica, una fisionomia tendente al tutto, tendente all’unità. Per questo l’adesione al movimento operaio in tutte le sue forme gli sarà di grande utilità. Gli restituisce proprio quel che esso deve dargli. Lo preserva da frazionamenti settari. Il socialismo religioso non può escogitare teorie proprie nell’aria rarefatta di conventicole e accarezzare i propri sentimenti preferiti, ma deve lottare nel duro lavoro della formazione del mondo con l’avverso  materiale della realtà. Questo è per lui il mezzo migliore per superare il suo soggettivismo . Questo è per lui il mezzo migliore per superare il soggettivismo. Allora quelle forme che sono anche unirsi in una certa società esteriore che può anche esprimersi  nell’azione comune. Intono a questo nocciolo, tutto il ricco movimento diventerà a poco a poco un organismo.

Ma, alla fine, proprio questo compito indirizza il socialismo  religioso oltre se stesso. E questo è quel che io vorrei ancora dire a conclusione.  Come la parola “socialismo religioso” poteva essere solo indicazione di una realtà più grande, più profonda. Il socialismo religioso è solo una realtà passeggera. Entra in scena per il fatto che son qui necessità e promessa “sociale”, lo pone in relazione con il “religioso”. Ma il fine deve essere:  un risveglio della cristianità in tutto il suo senso nel quale è compreso anche quello sociale. Quando questo risveglio è avvenuto, il socialismo troverà il suo adempimento. La parola vivente di Dio entrerà  nella materia della questione sociale e diverrà una nuova forma della causa di Cristo. Ma in essa, insieme con il socialismo affonderà anche il religioso poiché adempiuti. Dobbiamo definire ciò che la nuova riforma della cristianità? Possiamo farlo nel senso che alla redenzione individuale di cui la riforma del sec XVI e quelle susseguenti hanno studiato così profondamente e chiaramente senso e iter , segue ora la sociale – e precisamente da Dio. In questo modo, però abbiamo davanti agli occhi il regno. Ad esso indica il socialismo religioso. E così intende anche il proprio tramonto quando prega per l’effusione dello Spirito Santo.

Sull’umanità di Dio

Predica di Leonhard Ragaz, digitalizzata per la prima volta su web

“Ci è apparsa la benignità e l’umanità di Dio, nostro Salvatore” (Tit 3,4)

Il messaggio natalizio sull’incarnazione di Dio è oggi più necessario e, in buon senso, più moderno che mai. Poiché l’uomo come uomo non ha vita facile nei nostri giorni. La parola umanità che, per intere epoche, in verità migliori della nostra, significava qualcosa di eccelso e che anche per i più vecchi di noi esprime ancora qualcosa di bello e di grande è divenuta quasi una parola di imprecazione, insieme con tutta la famiglia: pacifismo, democrazia, liberalismo, individualismo e altre, per intere grandi correnti e movimenti del presente. C’è un brulichio di libri, saggi, discorsi che sempre nuovamente dichiarano morta l’umanità, questa figlia dell’illuminismo , essi dicono, dove non mancano slogan dell’autonomia usurpata dall’uomo, “l’eritis sicut Deus, come senso di questa umanità e neppure la menzione di Rousseau, quale loro padre. In questo caso, però, la prassi conferma anche troppo bene la teoria, come ognuno sa. E’ un tempo di inaudita disumanità, così che propriamente appare un po’ superfluo scendere in campo così zelantemente e instancabilmente contro umanità e umanitarismo e colpirli ancora una volta, dopo che sono già stati colpiti migliaia di volta. Vien quasi voglia di pensare che ciò che viene così zelantemente perseguitato e così profondamente disprezzato dai portavoce di un tale tempo potrebbe, forse, essere qualcosa di molto buono e prezioso.

1.via

L’umanità in tutte le sue forme, tutta la sua famiglia, viene oggi particolarmente, fortemente osteggiata da due lati: dal lato mondano e dal lato spirituale.

Dal lato mondano. In questo campo soprattutto il fascismo e il nazionalsocialismo non potrebbero far di più per ridicolizzare l’umanità e i suoi parenti spirituali: pacifismo, democrazia, individualismo e così via.

Per il fascismo non vale l’uomo, ma lo stato. Lo stato è tutto, l’uomo niente. Precisamente l’uomo come singolo; ma il singolo è l’uomo – in ciò Kierkegaard e Vinet hanno eternamente ragione e stanno dalla parte del Vangelo. Con ciò non viene neppure lontanamente negato il diritto alla comunità. Questo significherebbe negare anche il Vangelo – ma la comunità ha solo valore se anche i singoli, da cui è composta hanno valore, altrimenti non è comunità, ma un meccanismo. Perciò lo stato fascista non è una comunità. E’ il generale impersonale che ingoia il singolo, che lo pretende “totalmente” per sé, lo adopera e usa a suo piacimento. Esso è la suprema istanza morale. Ma questo significa che non è affatto una istanza morale. Poiché altrimenti, dovrebbe avere qualcosa di più grande sopra di sé, vale a dire, lo stesso bene. La stessa verità immediatamente morale. Così , invece, esso è una suprema potenza mistica, una specie di divinità, e il “Duce” o “Fueher” di un tale stato, diciamo meglio “Cesare” è un Dio nel cui nome si vive e si muore. Ma è un Dio che non riconosce e non santifica l’uomo, bensì lo pretende e divora come vittima. Perciò è un Moloch. La sua più grande festa è la guerra. Sacrificarsi a questo dio del generale impersonale è la più grande gioia. La droga della morte ma anche la droga dell’uccidere! – è la più grande espressione della sua adorazione. Poiché ogni idolatria è spaventosa.

Molto simile è il rapporto all’uomo del nazionalsocialismo. Per esso al posto dello stato assoluto vale il popolo assoluto. Non lo spirito unisce ad esso, ma sangue e suolo, razza e provenienza. Nuovamente, il singolo vale niente come singolo: niente la sua coscienza morale, niente la sua convinzione, niente la sua vita: più di esso odia una convinzione che proviene dall’umanità e che si manifesta  come fede nella libertà e nella pace. Anche questo dio ammazza il singolo. Anche esso è Moloch, la sua più grande festa è la guerra e il suo salario più ambito è la morte. Non vi è santità di vita, un rispetto del diritto divino che è al di sopra dell’uomo  in quanto uomo e soprattutto proprio sull’uomo piccolo, povero, oppresso, umiliato. Dove l’assoluto non è Dio steso, lì esso ingoia e divora l’uomo soprattutto l’uomo come singolo e come debole.

Ma il disprezzo e il bando dell’umanità proviene stranamente anche dal lato spirituale e proprio da quella parte che, per il resto, si oppone o si dovrebbe opporre, nel modo più deciso, alla divinizzazione del mondo e delle sue realtà e quindi anche dello stato e della popolazione. Qui si sottolinea con estrema forza e passione la gloria di Dio che non vuole altri dei affianco a sé. Qui si fa proprio il motto del calvinismo: soli Deo gloria! Così ci si scaglia contro tutti gli assolutismi mondani di tutti i tempi, occasionalmente anche dei nostri giorni, che vogliono sostituirsi a Dio. Giustamente. Ma già quando parliamo di calvinismo ci ricordiamo subito che Calvino lasciò bruciare in onore di Dio Michael Servet, uno dei più zelanti cercatori di Dio di tutti i tempi e ci troviamo così di fronte alla realtà centrale, violenta del mondo dello spirito: che in nome di Dio e per il suo onore – anche del Dio vivente e del Padre di Gesù Cristo – l’uomo viene sottovalutato, l’uomo viene violentato, l’uomo viene annientato.  Poiché Dio è tutto e perciò l’uomo niente. Dio è “Infinitamente diverso qualitativamente” dall’uomo (come si dice con Kierkegaard, che però anche in ciò era un uomo superiore), Dio è il “totalmente diverso”. Davanti al Dio onnipotente , infinito, santo, l’uomo piccolo, peccatore, transitorio diviene polvere e cenere, verme e polvere. Non si potrà mai parlare con sufficiente disprezzo, tanto più grande, si crede, diventa Dio. Bisogna negare a quest’uomo, per l’onore di Dio, la capacità di operare veramente il bene come pure la capacità di riconoscere qualcosa di Dio ed è figlio di Dio viene completamente annullato dalla caduta del peccato. Si giunge qui, se così posso dire, ad una “Totalità” di Dio che corrisponde alla “Totalità” dello stato e del popolo. In realtà le due forme si corrispondono. Questa specie di ideologia è il fascismo in forma teologica. E’ presente in questa forma la stessa sopravvalutazione dell’autorità, la stessa svalorizzazione dell’uomo, in quanto uomo, la stessa brutalità. Poiché è incredibile come una tale teologia indurisce i cuori. Come, secondo l’insegnamento dell’antico calvinismo, ai salvati tramite il decreto assoluto di Dio, vale a dire arbitrario, completamente senza fondamento, è di edificazione il sapere dei tormenti dei dannati poiché costoro esaltano l’onore di Dio con la loro condanna, così, per gli uomini moderni, i gemiti dei campi di concentramento e l’orrore dei campi di battaglia sono di edificazione perché mostrano che solo Dio è grande. Che interessa a Dio questa merce umana? Un Credo del secolo XVI oppure il catechismo di Heidelberg questi sono “temi decenti”, come si espresso una volta il portavoce di questa corrente, ma che ci importa del 30 giugno? Che ci importano i campi di concentramento? Che ci importa una generale piccola guerra mondiale? Chi prende sul serio cose simili non conosce l’onore di Dio, si è prostrato a adorare gli idoli dell’umanità, è pervaso nascostamente dalla Hybris, dalla sfrontata presunzione dell’eritis sicut Deus. Così in un tempo di disumanità selvaggia e atea abbiamo una teologia “cristiana” che l’accompagna freddamente, fondamentalmente la giustifica e si mette in guardia solo dove un po’ del sangue di quel sacrificio di Moloch schizza sui suoi abiti sacri. Ma in questo modo essa stessa diviene Moloch-idolatria. Poiché un Dio che non si preoccupa dell’uomo che annienta solamente l’uomo, è anche un  Dio che l’uomo non può riconoscere, un Dio che è solo ciecamente, questi è proprio un Moloch, e ciò proprio secondo il pensiero biblico. Ma contro       questa disumanità di Dio si solleva l’uomo di tutti i tempi. Si giunge allora, sempre nuovamente, ad una umanità che si separa da Dio, si solleva contro Dio. Questa è, forse, la sorgente più profonda di ogni ateismo reale o supposto. E dunque L’Hybris e l’eritis sicut Deus? No, non sempre. Certo, alle volte, anzi spesso, ma questo anche in abiti pii, forse proprio in una teologia che si sostituisce a Dio, forse proprio in una teologia che vuole preservare con troppo zelo l’onore di Dio, mentre spetta soprattutto a Lui preservarlo, onore che una teologia confonde troppo, forse, con il proprio concetto di “onore”. Alle volte, anzi spesso, ripeto, succede veramente che l’uomo si solleva contro Dio per quella Hybris. Ma non sempre. Spesso si solleva conto un Dio che  vuole solo annientare gli uomini, spesso contro una religione che rimpicciolisce, opprime, svalorizza l’umano, si chiami esso natura, verità ragione, oppure giustizia, libertà, pace. Veramente la ribellione contro Dio non sempre, anzi per lo più non è fatta contro Dio, ma contro un Moloch cui è stato ridotto Dio.

Ma questa ribellione ha certamente anche la sua parte tragica. Una umanità lontana da Dio degenera prima o o poi. Una di queste degenerazione è la mollezza che non si vuol sottomettere alla legge, perché questa appare troppo dura e che nel nome della “pura umanità” benedice e coltiva tutte le debolezze, le avidità e le vanità della natura umana. Alla brutalità del fascismo politico e spirituale corrisponde il sentimentalismo degenerato. Siamo così arrivati al Liberalismo che può diventare libertinismo e che può apparire oltre che in forma mondana, anche in forma spirituale. Il diritto del singolo, che può divenire veramente l’eritis sicut Deus, può portare alla distribuzione di ogni comunità e ad una lotta generale di tutti contro tutti, può portare l’individualismo ad atonomismo. Siamo arrivati nuovamente alla brutalità – les extremes se touchent. Poiché è sparito nuovamente il santo diritto di Dio che regna su tutto e su tutti. Dio è sparito e l’uomo è restato solo. Intanto come prima Dio, ora l’uomo viene svuotato del suo senso. In questo senso la disperazione si impossessa di lui. Ed ora maledice Dio, ma forse quel Dio che è Moloch. L’uomo diviene egli stesso un dio-Moloch. Egli si divora in un culto demoniaco di ebrezza, violenza, affanno e sensualità e dietro a tutto ciò stan rigide le ampie fauci di Moloch del Niente e della Morte. Questa è la fine della borghesia puramente mondana e liberale.

Il comunismo, come la forma più radicale del socialismo, in concorrenze con il fascismo e il nazionalsocialismo vuole strappare il mondo da questo caos. Esso vuol edificare il regno di Dio come regno dell’uomo, secondo una misura e un senso puramente umano. In un improvviso rovesciamento contro l’atonomismo annienta l’individuo , le sue qualità, le sue convinzioni, la sua coscienza in favore del collettivismo. Qui la società assoluta (“totale”) è divenuta Dio e così, come divinizzazione di qualcosa di finito, Moloch. A lui, senza scrupoli, viene sacrificato il singolo e con quale brutale indifferenza! Non a caso il suo simbolo è la macchina; il suo credo è la scienza naturale meccanica; la sua idolatria è il lavoro socializzato. Ma, nonostante tutto il socialismo abominevole come in ogni luogo dove si serve a Moloch invece che al vero Dio e nuovamente, allora giustizia, libertà, pace, pacifismo e democrazia non valgono niente.

Così, nella grande corrente della storia, ma anche nella nostra propria vita siamo, sempre nuovamente, di fronte al diverbio: Dio o l’uomo. Da una parte solo l’onore di Dio che diviene adorazione di Moloch. E’ un abisso in cui minaccia di affondare l’umanità e l’umanesimo, un burrone in cui scompaiono ora Dio, ora l’uomo, ma in verità tutti e due insieme. Che dobbiamo scegliere? Dobbiamo abbandonare l’uomo per amore di Dio oppure Dio per amore dell’uomo? Tutte e due le soluzioni sembrano presentare uguale difficoltà. Dove è l’aiuto?

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Gesù Cristo ha riempito questo abisso. Questa è una parte essenziale di ciò che significa la sua venuta.

Certamente non è primariamente Lui, come vita umano-divina, che elimina questo contrasto. Si comprende male il Dio che il Vecchio Testamento ci ha rivelato se lo si rende Moloch. Proprio i profeti di Israele hanno lottato in nome di questo Dio, fino alla morte contro l’idolatria. Proprio l’onore di Dio non sopporta alcun Moloch. Proprio questo Dio crea l’uomo . L’uomo è santo, perché c’è un Dio santo. Questo Dio allarga le sue mani in protezione sugli uomini e, in particolare, sugli uomini oppressi, violentati , la “vedova”, l’”orfano”, lo “straniero”. E questo è il paradosso: proprio perché è Dio, l’eccelso, l’infinito, l’onnipotente è – perbacco – non solo il “totalmente altro”, ma anche il Dio degli uomini, il Dio vicino agli uomini. Colui che separa l’onore di Dio dall’onore dell’uomo, spezza questa polarità e ne conserva solamente una metà , una mezza verità e un intero errore. Invece la verità fondamentale  di ogni genuina conoscenza di Dio come di ogni adorazione genuina di Dio è : Dio  e l’uomo si appartengono. Dio non è Dio senza  l’uomo. Non si può conoscere Dio senza rapporto all’uomo, non si può conoscere l’uomo senza rapporto a Dio. La conoscenza di Dio è conoscenza dell’uomo, servizio dell’uomo e viceversa; il “totalmente altro” è come noi.

Anche Gesù ha percorso fino in fondo questa strada. Bisogna, infatti ammettere che prima  vi era un resto di quell’”Altro” che poteva separare Dio e l’uomo e lasciar degenerare il Soli Deo Gloria in idolatria. Ma in Gesù Cristo Dio è venuto uomo. Questo è il mistero solenne grande , incommensurabilmente gioioso, manifesto di Natale. Gesù è il “Figlio dell’uomo”. Di lui si dice: Ecce homo – ecco l’uomo! E’ l’uomo, l’uomo perfetto. Nessuno è stato così totalmente, così puramente uomo come lui: Ma proprio perciò egli è “Figlio di Dio”. Proprio in questo umanesimo perfetto, o anche : umanità di Gesù, si rivela Dio. Perciò in Gesù Cristo Dio e uomo sono riconciliati, Dio e uomo una cosa sola: Dio-uomo. Egli, nella sua santità e nel suo amore che porta i peccati del mondo e adempie Isaia 53, dà a Dio tutto il suo diritto e può perciò darlo da Dio anche all’uomo. Senza di lui il rapporto tra  Dio e uomo oscilla sempre tra due estremi: o Dio sta così alto al di sopra del mondo che è irraggiungibile dall’uomo e così non può essere più Dio – ciò che compreso unilateralmente si può chiamare modello giudaico  – ; oppure si unisce così fortemente con il mondo che, nuovamente, non può essere Dio per l’uomo – ciò che si può chiamare modello pagano. In Gesù Cristo, invece, Dio resta il santo, la sua croce è una linea trasversale attraverso il mondo più forte di quella del Vecchio Testamento, l’amore di Dio rivelatosi in essa un giudizio più severo della sua santità e tuttavia proprio sulla croce egli è più vicino all’uomo che nel presepe. Ora l’abisso è coperto. Ora Dio è vicinissimo , è uomo, è figlio, è fratello. Solo ora l’uomo è totalmente santificato. Ora è messo da parte anche quel perenne oscillamento tra individuo e collettivo, tra falsa libertà e falso legame, tra democrazia e dittatura, poiché dio santifica sia il singolo che la comunità. L’uomo in Cristo è sia figlio che fratello, e tutti e due si appartengono nel modo più intimo e profondo. Ora è abbattuta ogni barriera di stato, di classe, di popolo, di razza tra uomo e uomo. “Non vi è un Giudeo, né Greco, né signore, né servo, né uomo, né donna, ma son tutti uno in Cristo Gesù”. Ora la gloria di Cristo si posa sui più deboli e poveri. Ora il figlio dell’uomo è il giudice che li protegge. Ora vale: “Quel che avete fatto ad uno dei più piccoli tra i miei fratelli, l’avete fatto a me”. Ora sgorga da Dio in Cristo, dal figlio dell’uomo la corrente di una umanità, libertà giustizia, gioia. Ora viene giudicata ogni disumanità. Ora viene Dio stesso come colui che vuole creare il regno dell’uomo sulla terra e per la terra. Ora è Lui che come giudice del mondo abbatterà quelle potenze di Moloch che, nei nostri giorni, in forma mondana o spirituale, disprezzano l’uomo, si, lo disonorano e annientano.

Esse o Lui! Ma egli vincerà. Credetelo con fiducia. Natale lo dice energicamente ed irresistibilmente. Solo lui può abbattere definitivamente Moloch, poiché solo in lui Dio è diventato totalmente uomo. Da quando Cristo è nel mondo, Cesare non può mai più diventare dio stabilmente. Lo stato assoluto e il popolo assoluto come società assoluta non possono svilupparsi contro quell’assolutezza del Dio vivente che si rispecchia nel valore infinito di ogni anima umana e nella quale si esprime la conoscenza del singolo uomo. Il bambino divino nel presepio ha fatto sì che ogni povero bambino sul quale si posa il suo splendore, rovesci il trono di ogni assolutismo di Moloch.

Così Gesù, compreso rettamente, è il rifugio dell’uomo. Così Dio diviene uomo in Cristo.

Ora egli viene a te come colui che ti comprende perché è uomo, è fratello. Ora niente ti può più dividere da Dio; poiché nell’amore di Cristo Egli è divenuto realtà incommensurabilmente reale. Anche la colpa non ti separa da Lui. Tu resti figlio di Dio e la casa paterna resta aperta per colui che vuol venire. Anche la croce appartiene al presepe – è l’adempimento dell’incarnazione di  Dio. Ora non c’è più profondità senza di Lui. Ora Egli entra nel tuo dolore nascosto, poiché lo conosce. Ora sei legato al suo cuore con tutta la tua intuizione, come diversamente , in nessun modo. Ora tu sei propriamente uomo quando comprendi rettamente Dio e lo servi rettamente, comprendi e servi rettamente l’uomo. Ora poiché l’umanesimo, sì l’umanità di Dio appare così meravigliosamente in Gesù Cristo il Figlio dell’uomo e il Figlio di Dio, che , solo, sta presso Dio e presso l’uomo al di là di ogni religione e teologia, Dio è divenuto amabile all’uomo in quanto uomo così che neppure religione e teologia lo possono separare da Dio.

Così la frattura tra Dio e uomo si chiude in Gesù Cristo.

Dove le religioni e le teologie vogliono separare Dio dall’uomo e i falsi umanisti l’uomo da Dio, li guardiamo a Lui. Il suo regno che proprio in quanto regno è pure il regno dell’uomo respingerà tutti gli altri regni, mondani e spirituali. Quelli che credono in Dio si apriranno anche alla fede nel suo regno è quelli che credono nel suo regno anche alla fede in Dio. Una religione che separa Dio dall’uomo., svanisce e una umanità che separa l’uomo da Dio, svanirà, ma allora più che mai risplenderà quell’umanità divina, quella umanità di Dio che è apparsa in Gesù Cristo.

Questo è il senso della grande lotta tra Dio e uomo che si compie nei nostri giorni. Essa verrà appianata da Cristo in quanto Dio apparirà nuovamente come Dio e l’uomo sarà così nuovamente unito a Lui. Il Moloch religioso e il Moloch umanista saranno abbattuti, essi già cadono e, al loro posto, si sostituirà la nuova alleanza fra Dio e l’uomo fondata da Gesù Cristo.

Così, nonostante tutto, ad ogni Natale, il mistero enorme, beato, dell’incarnazione di Dio scende sulla terra finché si manifesti completamente e si avveri: “In Gesù Cristo è divenuto uomo, perché noi divenissimo divini”.

Un resto rimarrà

Predica di Leonhard Ragaz – digitalizzazione a cura di Maurizio Benazzi per l’Italia

“Come un terebinto e come una quercia quando perdono la chioma, ma conservano il tronco; è un seme santo il suo tronco” (Is 6,13)

E’ un pensiero di consolazione che ritorna insistentemente presso i profeti: “Un resto rimarrà”. Può anche fallire tutto ciò in cui si era impegnati, può venire meno sotto i fulmini del giudizio divino ciò che era alto e rigoglioso: se in esso c’era qualcosa che proveniva da Dio, qualcosa in cui era riposta la speranza, la fede, la sofferenza dei suoi fedeli, qualcosa che era stato bagnato col sangue, allora ciò si rivelerà come “seme santo” da cui, a suo tempo, spunterà nuova vita.

Questo pensiero – che è più di un puro pensiero – è presente in maniera particolarmente insistente e commovente nel potente racconto della vocazione di Isaia. Egli viene chiamato. Tremante, profondamente spaventato per la sua insufficienza e indegnità per questo incarico, alla fine obbedisce: “Eccomi, sono qui, invia me”. Ma che cosa deve annunciare? Qualcosa di molto strano, di contradditorio: “Ascoltate con le vostre orecchie – ma senza capire ! Vedete coi vostri occhi  – ma senza riconoscere! Appesantisci il cuore di questo popolo, rendilo duro d’orecchio, acceca i suoi occhi, di modo che con i suoi occhi non veda e con i suoi orecchi non intenda e il suo cuore non comprenda ed egli si converta e viva”. Questo significa : “Tu nella tua predicazione, non puoi contare sulla comprensione per la volontà di Dio e obbedienza nei suoi riguardi, ma devi aspettarti  totale insensibilità e completo insuccesso. Ogni insegnamento pratico resterà incompreso, le tue parole si perderanno nel vuoto  dell’aria, i cuori  saranno solo induriti dalla tua predicazione di penitenza, ed essi scherniranno la tua promessa. Ci sarà solo scandalo, dispiacere”. Una visione veramente tetra, uno sprone per l’agire profetico! E’ come se un’esperienza fosse penetrata nel ricordo della vocazione ed abbia attribuito un ruolo maggiore a un elemento che inizialmente vi era presente solo a uno stadio germinale. Isaia risponde a Dio: fino a quando? E riceve la risposta: “fino a quando le città saranno devastate di modo che non vi si incontri più  abitante, le case vuote e i campi deserti, finché Jahve non ne avrà cacciato gli uomini e la solitudine sarà diventata grande nel paese. E se vi resta ancora un decimo anche questo sarà ancora votata alla spoliazione. Ma, come un terebinto e come una quercia quando perdono la chioma, ma conservano il tronco; così rimarrà un resto come santo”.

Ed è poi successo così. La quercia di Giuda cadde come il terebinto di Israele era già caduto prima. Il popolo andò in esilio, prima una parte poi un’altra. Il tempio di Gerusalemme divenne un cumulo di rovine e la città santa covo di sciacalli. Tutto sembrò finito e passato. Ma rimase un resto. Restò quel che i profeti avevano creduto, lottato, sofferto, predetto. Eran stati pochissimi coloro che lo avevano accolto in sé – ma cosa erano questo paio di persone senza influsso e rispetto nei confronti della schiera di politici, preti, falsi profeti e la massa cieca del popolo? Ma questi pochi, disprezzati e scherniti , diffamati come traditori della patria divennero il seme santo da cui Israele rivisse nuovamente. Anzi: le parole e l’azione profetica divennero questo seme santo da cui crebbe l’albero che è divenuto la vita dell’umanità. Da Israele è uscito finalmente Cristo e il suo regno; il regno di Dio sarà l’ultima parola della storia.

Questo motto: “Un resto rimarrà” mi è sempre nuovamente ritornato in mente nell’ultimo tempo , in connessione con la riflessione sulla situazione svizzera. Mi sembra anche per questa la nostra ultima e unica consolazione. Poiché per il resto va male. Tutto ciò che in questi tempi decisivi è stato intrapreso sia di singoli che da interi circoli per la salvezza e il rinnovamento della Svizzera, tutte le tendenze nuove che ci sono mostrate, tutte le forme di vita che sono state fondate, ogni fede, ogni speranza, ogni amore che sono stati difesi, ogni annuncio di giudizio e grazia – ammettiamolo francamente: ne è stato poco o niente.

Politici, preti, intellettuali hanno gli orecchi chiusi e i cuori induriti, mentre la massa, come se non avesse mai sentito parlare della parola di Dio, del tempo del giudizio e della salvezza, obbedisce al suo ritmo di vita sordo e selvaggio si lascia smuovere solo dalle parole della demagogia. Fiori e foglie sono caduti dall’albero della nostra speranza e chissà che un giorno un colpo di fulmine non causi una grave catastrofe anche al tronco? Il nostro popolo ha meritato ampiamente questo giorno di giudizio.

E che? Dobbiamo ritirare le mani dall’aratro? Dobbiamo disperare?

No! Poiché “un resto rimarrà”. Di questo possiamo esser certi. Fiori e foglie possono passare, molti, molti dei nostri sforzi potranno rivelarsi secondari e passeggeri, sì , può cadere il tronco, la catastrofe storica che, per così dire, viene tirata con la corda (un’altra immagine profetica!) da politici, giornalisti, preti e falsi profeti, industriali, letterati. Intellettuali ed anche dalla maggioranza accecata, può colpire il nostro paese devastandolo: ma resterà il ceppo santo, resterà ciò che il nostro cuore fertilizza con il suo sangue; crescerà a tuo tempo più bello, più glorioso di quanto noi l’abbiamo pensato. Resterà la Svizzera per quel che un piccolo gruppo di uomini disperso nel paese, proveniente da ogni genere di strato sociale e di partiti, ha creduto, sperato, amato. Sofferto per essa. Questa è la forza della resurrezione per la quale essa si solleverà dalla catastrofe. Continuiamo perciò a lavorare con fiducia in mezzo a tutte le delusioni, a tutti gli insuccessi, a tutte le miserie, lavoriamo sempre con maggiore fedeltà, maggiore sincerità e decisione purificati sempre dal fuoco del giudizio divino: niente, proprio niente sarà vano. “Un resto rimarrà”, e in mezzo a questo “Resto” vi sarà certamente conservato tutto, tutto quello che avremo fatto da Dio, sì, tutto quello che avremo fatto solo con il nostro debole cuore e turbidamente, ma in fedeltà, apparentemente ridotto, ma purificato, benedetto, santificato.

Sotto lo stesso punto di vista dobbiamo porre, credo, tutto il nostro agire nell’era attuale. Non neghiamo affatto che noi, a fianco dell’attesa della venuta dei giudizi e delle catastrofi, che ci hanno accompagnato attraverso la vita, abbiamo custodito generose speranze e abbiamo visto davanti a noi nobili fini per cui lavorare e lottare. La guerra ha incrementato tutti e due: l’atmosfera da giudizio come pure la speranza (I teologi la chiamano attesa escatologica- apocalittica)). La speranza era allora – ed è – non solo l’eccelsa, l’ultima speranza, lo stesso regno di Dio, essa aveva ed ha anche forme umane, temporanee , come sono democrazia, socialismo, superamento della guerra, nuova cultura. Quel periodo può durare a lungo, può anzi sopravvivere a coloro che ora sono ancora giovani. Quel che viene immediatamente è la progressiva desolazione della vita spirituale, il progressivo appianamento della cultura, la progressiva meccanizzazione, il progressivo imbruttimento e progressiva demonizzazione. Diverrà sempre più assurdo parlare ancora di cultura. Noi affondiamo ogni giorno più nella inciviltà di ogni specie. Democrazia? Socialismo? Nuova cultura? C’è da ridere! Dittatura del mammone e della violenza, pane et circensia, l’apparire del più selvaggio egoismo e brutalità atea  – questo si profila all’orizzonte immediato. Sì , questo quadro può divenire ancora più tetro. Allora, il mondo attuale, in blocco, avrà un futuro? Non è stato già suggellato il tramonto dell’Occidente ? Non lo indicano tutti i segni a colui che può vedere? E’ concessa ancora una delazione al mondo? Non si avvicina il grande cambiamento di cui testimonia la promessa del ritorno di Cristo? Non assisteremo in misura maggiore al sorgere e all’ascesa di tutte le potenze avverse a Dio, demoniache, sataniche? L’Anticristo non installerà sempre più chiaramente la sua signoria? E al contrario: non dobbiamo tendere con ogni sforzo ed ansia all’unico fine: la venuta di Dio con il suo regno per giudicare, ma soprattutto per giustificare? Perché in tempi simili, alla vista di tali segni, dovremmo ancora occuparci di cose umane e transitorie? Tutto è vano? Che cosa bisogna rispondere?

Di nuovo: in qualsiasi modo possano svilupparsi questi tempi: “un resto rimarrà”. Quel che noi oggi facciamo per questi scopi e speranze nobili ed umane, per democrazia, socialismo, pace, nuova cultura, può sembrare che sia come sperso nella sabbia e nel fango, può temporaneamente sembrare completamente senza senso – ma non sarà vano. E’ un seme santo per un futuro che è vicino, ma può essere anche lontano, che importa? Quel che oggi facciamo – lo sottolineo fortemente  – perché dobbiamo farlo , perché è oggi necessario , organico, richiesto, non solo sognato, questo è anche necessario per il futuro, lo prepara, ne conserva le radici. E questo rivivrà quando da queste radici, da questo santo ceppo crescerà il nuovo. Non vi è mai nella storia solo interruzione e rottura, vi è dappertutto connessione e continuazione. Quel che fecero i profeti in Israele apparentemente senza speranza – davanti alla rottura e alla interruzione  – era il futuro. Ad esso si rifecero i profeti della nuova era. Su Isaia edifico il Deuteroisaia e su Geremia i Salmisti finché dalla quasi avvizzita “radice di Isaia” spunto il pallone che divenne la salvezza del mondo. Quando tutto il mondo antico tramontava con il suo splendore; Agostino sentendo, per così dire, il rumore dei Vandali che assalivano la sua sede episcopale in Africa, scrisse il suo libro La città di Dio che, forse, un uomo poteva scrivere solo allora e che al di là di quel tramonto del mondo, indicò la nuova era.

Dunque continuiamo a lavorare con fiducia. Lavoriamo tranquillamente anche per democrazia, socialismo, pace mondiale, nuova cultura. Se non lo praticheremo come uno sport, ma come incarico, aderendo organicamente allo sviluppo di questi tempi voluto da Dio, allora lavoriamo nel modo migliore anche per il futuro e per tutti i tempi. E quand’anche i fini immediati del nostro lavoro fossero senza valore   un successo immediato un lavoro a così lunga scadenza, un lavoro nell’invisibile, dovrebbe essere privo di gioia senza la quale non si dà un operare proficuo; sarebbe troppo fortemente gravato dalla rassegnazione. Certo, questa considerazione non è del tutto falsa. La rassegnazione, sotto certi punti di vista, è sicuramente la sorte della nostra generazione. E la rassegnazione può paralizzare. Sì, ma essa può anche rafforzare, vivificare. Liberando da illusioni, essa può suscitare la speranza, sprangando false strade, può condurla a quelle più profondi sorgenti dell’agire che vengono dall’eternità, in cui ha vita e successo, e immediato, ogni azione che da essa proviene. Chi può comprendere comprenda! Ma io aggiungo che un nuovo mondo cresce proprio sulle rovine del nostro tempo, che sulle vette si affaccia l’aurora di un nuovo giorno e qua e là, nelle profondità , già splende un alcune delle più grandi esperienze sono unite con l’immagine di questa epoca, così la speranza nella raggio del nuovo sole. Proprio alcune delle più grandi speranze sono unite con l’immagine di questa epoca, così la speranza nella pace, la visione di una nuova unità dei popoli, anzi la promessa di un nuovo  tempo di Dio. Non dovrebbe essere questa una fonte di entusiasmo, sufficientemente profonda e potente? E se certi scopi, nelle forme attuali, dovessero essere veramente superati, non potrebbero rinascere rinnovati? Invece della democrazia non potrebbe affermarsi una nuova conoscenza di Dio, una nuova vita in Dio? Gli scopi per cui oggi noi lottiamo , non potrebbero essere delle figure mummificate che, gettando la loro maschera, sarebbero più splendenti di quanto noi le avessimo pensate? Proprio l’enorme indigenza di questo tempo – intendo adesso soprattutto indigenza spirituale – non potrebbe essere uno stadio preparatorio ed anche precondizione di un nuovo mutamento totale, un mutamento verso Dio e verso l’uomo? E non potrebbe essere che noi, a volte, proprio tramite il lavoro per fini superati giungiamo a quelli viventi ed oggi validi, mentre senza questo lavoro saremmo semplicemente affondati nella sabbia e nel fango?

Io metto tutto insieme! Se Dio vive e noi lavoriamo per lui, “facciamo opere” con lui, allora possiamo lavorare con gioia anche in questo tempo. Poiché dio è gioia in ogni tempo, ,e precisamente l’unica gioia. In ogni tempo egli ha per noi un lavoro che ha la sua gioia. Chi serve a Lui non lavora mai senza speranza, mai senza “successo”.

Tutto questo vale anche per il caso estremo, se così possiamo dire. Anche se la fine dei tempi fosse vicina, dovremmo lavorare e non lo faremo invano. Il Signore ci deve trovare lavorando quando viene. Poiché solo colui che lavora è sveglio. Chi non lavora, s’addormenta e sogna, come si addormentano le vergini  stolte. Ma possiamo lavorare solo per compiti umani, concreti, temporanei. In questi ci viene incontro Dio. Egli non reputa vile il far ciò  – questo lo credono solo i teologi e la gente pia, mentre la Bibbia insegna dappertutto il contrario – è , per dire così, la sua incarnazione generale che ci viene incontro in questo modo . Se , dunque, facciamo il lavoro che noi sentiamo necessario, se combattiamo per fini umanamente nobili ed elevati, siano anch’essi solo transitori, prepariamo così nel migliore dei modi il ritorno di Cristo, prepariamo noi stessi  ad esso nel modo migliore. Sì possiamo e dobbiamo dire : non nell’ambito privo d’aria della sola teologia e devozione, ma nella lotta con compiti affidati da Dio a questo tempo sentiamo l’alito che precede la venuta di Dio e il nostro cuore sarà pieno della più grande gioia che è appunto Dio steso . E in ciò possiamo anche avere la consapevolezza: Dio ha bisogno di noi! Poiché egli non può venire da oziosi, non può venire da addormentati, può venire solo da persone preparate, sveglie, aspettanti  e queste sono i lavoratori. Perciò, proprio in tempi simili, la nostra azione è necessaria e perciò , lo ripeto, più gioiosa che mai, se noi comprendiamo tutto giustamente.

Finalmente possiamo applicare questo punto di vista consolante anche alla nostra vita personale. Anche qui è lo stesso: molto, molto, forse la maggior parte di ciò a cui noi singolarmente tendiamo, avvizzisce. Fiori e foglie cadono. Quel che noi desideriamo non si realizza. Anche qui son possibili delle catastrofi. Fallimenti sia nel particolare che nel generale. Spesso questo si verifica in modo particolarmente tragico nella vita di coloro che definiamo grandi. Quale delle grandi speranze di Lutero, Zwingli, Pestalozzi, Wilson (oso nominare anche lui!) si è realizzata immediatamente? Tanto , andò storto. Zwingli cadde a Kappel sotto i colpi di un coltivatore di riso. Carlo V con l’arciduca Alba giungeva sulla tomba di Lutero, un anno dopo la sua morte, Pestalozzi, vecchio, abbandonato meditava in Neuhof sul tramonto della sua opera, Wilson morì dimenticato.

E tuttavia anche qui: “un resto rimarrà”. Dal ceppo dell’albero colpito dal fulmine è cresciuta nuovamente la riforma di Zwingli e Lutero e forse vedremo i giorni in cui opererà un nuovo sviluppo del bene e del fine ultimo che essi intendevano; dal canto del cigno del vecchio Pestalozzi è sorto il potente coro di un nuovo amore al popolo che diviene sempre più  forte; la società delle nazioni di Wilson vive. E così avverrà anche per noi, piccoli, piccolissimi . Può anche svanire tanto della nostra opera, fiori e foglie possono cascare, sì , si possono rompere anche interi rami , può anche succedere la catastrofe, l’insuccesso totale può essere la fine , la prima fine: “Un resto rimarrà”. Crescerà dal nocciolo più interno di ciò che noi abbiamo creduto e voluto, dalla sua radice santa, piantata da Dio, anche diversamente, forse, da come noi l’avevamo pensato, ma insospettabilmente bello e splendente. Crescerà proprio dalle più dure sconfitte , dalle peggiori delusioni, dal più amaro dolore. L’estremo insuccesso temporaneo diverrà forse condizione della riuscita finale. Consoliamoci e siamo sempre più fedeli, più perfetti, decisi, puri, soprattutto seminiamo di buona volontà il seme santo del dolore; la semina quando noi la vedremo più con gli occhi terreni, crescerà meravigliosamente sul campo di Dio. E’ bene , forse, che noi ora non la vediamo.

Ancora una volta per tutto e nel senso più forte e santo: “Un resto rimarrà”

Il socialismo come questione ecclesiale

Di Paul Tillich

Finora era l’interrogativo dommatico a muovere la chiesa, d’ora in poi sarà quello etico. Le chiese evangeliche non vi sono ancora preparate; né i problemi teoretici, né quelli pratici sono risolti.

Non presumiamo di voler dare delle soluzioni definitive; rivolgiamo al pubblico le seguenti tesi solo per favorire la discussione necessaria. Esse non trattano tutto il complesso del problema “cristianesimo e socialismo”, ma fondano solo l’esigenza di una positiva presa di posizione della chiesa e dei suoi rappresentanti nei confronti del Socialismo.

Il problema si articola secondo tre punti di considerazione:

  • Il rapporto del cristianesimo con gli ordinamenti sociali in genere e con quello socialista in particolare.
  • La posizione del socialismo e dei partiti socialisti verso il cristianesimo e la chiesa
  • I compiti del cristianesimo nei confronti del socialismo e dei suoi partiti
  • Il rapporto del cristianesimo con gli ordinamenti sociali in genere e con quello socialista in particolare
  1. Dall’incondizionatezza del principio religioso segue che esso è indipendente da ogni determinata forma culturale e dalle sue caratteristiche spirituali, sociali ed economiche. Bisogna quindi respingere tutti i tentativi di porre il cristianesimo in se stesso allo stesso livello di un determinato ordine sociale e di privarlo del suo carattere, per principio sovraculturale.
  2. D’altro canto, il principio religioso diviene concreto solo nel suo esprimersi in determinate forme della vita culturale. In simil modo sono, quindi, da respingere tutti i tentativi che, misconoscendo questa universalità, vogliono limitare il cristianesimo ad un campo particolare, per es. , della conoscenza (ortodossia) oppure della vita personale (mistica, quietismo).
  3. Non bisogna ora misconoscere che il cristianesimo in questo movimento dall’incondizionato al condizionato diviene una unità inscindibile, quand’anche ogni volta mutevole, con le forme autonome della vita culturale. Così esso è divenuto una unità sia con le forme principali della coscienza filosofica mondiale, dell’esperienza estetica mondiale, dall’ideale etico della personalità, sia con le grandi forme dell’ordine sociale ed economico. Si sono succedute l’una dietro l’altra in stretta connessione sociologica: la chiesa antica con l’economia tardo romana basata sulla schiavitù, la chiesa medioevale con l’economia basata sulla natura, la costituzione feudale e la servitù, il calvinismo con il capitalismo coloniale e la democrazia, la chiesa luterana con l’economia agraria e lo stato autoritario, assolutista – patriarcale, la chiesa moderna con l’altro capitalismo, nazionalismo e stato militare.
  4. In tutti i tempi e in tutte le sue caratterizzazioni il cristianesimo ha considerato l’etica dell’amore di Gesù come norma fondamentale per la vita comunitaria. Rapportato ad essa il cristianesimo ha maggiore affinità per determinante forme dell’ordine sociale che per altre. L’etica dell’amore porta in ogni forma di società ed economia un fermento di critica che è tanto più eccitante quanto più esse si basano sulla violenza, oppressione, sfruttamento. Perciò il cristianesimo poté trovare una maggiore affinità e quindi unirsi maggiormente con la struttura sociale medioevale che con quella tardo romana; perciò , nel momento attuale, secondo la nostra convinzione, deve ora passare all’opposizione contro l’orientamento sociale capitalista e militarista nel quale ci troviamo e le cui conseguenze ultime si sono rivelate apertamente nella guerra mondiale.
  5. L’etica dell’amore cristiano accusa un ordinamento sociale che è edificato coscientemente e fondamentalmente sull’egoismo economico e politico ed esige un nuovo ordinamento nel quale la coscienza della comunità sia il fondamento dell’edificio sociale (Idea del socialismo).
  6. Essa accusa, perciò, il fondamentale  egoismo dell’economia privata e del profitto che, per sua natura, è una lotta di tutti contro tutti ed esige un’economia della solidarietà e della gioia non del guadagno, ma nell’opera stessa.
  7. Essa accusa il fondamentale egoismo di una divisione della società secondo classi, tramite la quale la lotta di classe viene necessariamente perpetuata; accusa il privilegio della formazione basato sul denaro e sull’eredità. Privilegio che ha creato il contrasto moralmente demolitore tra i “colti” ed “incolti”; essa esige una società in cui le posizioni sociali non divengano classi e esige le stesse possibilità di istruzione ai dotati di ogni stato sociale.
  8. Essa accusa il fondamentale egoismo della politica di potenza nazionale e la giustificazione della menzogna e dell’oppressione con l’idea nazionale ed esige la sottomissione di tutti gli stati ad un ordinamento di diritto sovrastatale.
  9. Il socialismo può richiamarsi all’etica dell’amore cristiano non solo nell’accusa contro l’ordinamento sociale capitalista, ma anche nella sua difesa contro gli attacchi sia del capitalismo che della chiesa.
  10. Viene rimproverato al socialismo di paralizzare la produzione con l’eliminazione dell’egoismo quale impulso economico; esso può rispondere nel senso dell’etica cristiana, che non è l’uomo che esiste per la produzione , ma la produzione per l’uomo e che lo scopo morale dell’economia non è la produzione di beni di lusso nel maggior numero possibile per i singoli, ma dei beni necesari alla vita di tutti.
  11. Viene rimproverato al socialismo di essere contrario all’ordine naturale e divino, volendo eliminare le differenze degli uomini e dei popoli. A ciò esso può rispondere che una forma sociale basata sulla comunione e sull’amore non ha niente a che fare con l’ideale egualitario, ma deve riconoscere un ordine di grado secondo le capacità ed accettare il singolo nella sua peculiarità.
  12. Al socialismo viene attribuito un idealismo fanatico che trascinerebbe la realtà della vita, in modo particolare del peccato. Il socialismo scientifico e pratico può giustamente respingere da sé il rimprovero di fanatismo: lo scientifico poiché esso non vuole affatto promuovere, bensì costatare le necessità di sviluppo, il pratico perché, nella sua rigida disciplina ha sufficientemente dimostrato di conoscere la natura umana. Ma finché il socialismo sostiene un ideale etico secondo il quale può essere causa di rinuncia all’ideale stesso, si trova nella stessa condizione di ogni idealismo etico. Anche ogni lavoro della Chiesa vive di questo idealismo.
  13. Viene rimproverato al socialismo che esso con il suo ideale intramondano si oppone alla trascendenza del cristianesimo. Ma proprio come è essenziale all’etica dell’amore voler modellare anche l’al di qua a partire da se stessa, così il socialismo può riconoscere un modo di vedere che pone tutto il condizionato, temporale, sotto il punto di vista dell’incondizionato, eterno.
  14. Infine viene rimproverato al socialismo di voler mutare l’uomo con il mutamento delle sitazioni. Mentre dovrebbe essere percorsa la via inversa. Esso può obiettare che è dovere dell’amopre elimiare gli ostacoli esterni, segnatamente la schiavitù del lavoro che rende ottusi, che rende difficili, anzi psicologicamente quasi impossibile, ad innumerevoli persone di tutti i ceti, l’aprirsi alla vita spirituale in genere e quindi anche alla religione.
  15. Se il punto di vista dell’amore cristiano non dice niente contro, ma tutto a favore del socialismo, allora anche la considerazione storicofilosofica porta alla conclusione che cristianesimo e socialismo sono detinati all’unione. Sempre, nella storia, ad una unità economica era legata una unità spirituale, ma il punto d’unità dello spirito è la religione. Ma dove l’unità economica si sciolse, lì anche la vita spirituale diovenne piena di contraddizioni e la religione perse la sua forza unificatrice. Noi ci troviamo in un tale periodo di disfacimento. Inizia una nuova era dell’umanità; il socialismo formerà il suo fondamento economico e sociale. Il cristianesimo, invece, si trova di fronte al compito di apportare a questo sviluppo le sue forze morali e religiose e di spianare così una nuova grande sintesi di religione e cultura sociale.
  • La posizione del socialismo e della socialdemocrazia verso il cristianesimo e la chiesa

 

  1. Da quanto fin qui detto appare con sufficiente chiarezza che il cristianesimo non deve porsi di fronte all’idea socialista in atto di negazione, ma assentendo incondizionatamente. Sembra invece adesso che l’attuale socialismo empirico ha reso impossibile una tale posizione e precisamente sia il cosiddetto socialismo scientifico che gli altri partiti socialisti.
  2. Bisogna osservare a proposito del socialismo scientifico: la concezione della storia del marxismo chiamata falsamente materialistica, giustamente economica, non contiene di per sé né materialismo, né rifiuto della vita spirituale, ma asserisce solamente un rapporto causale tra base economica ed edificio spirituale, ma asserisce solamente un rapporto causale tra base economica ed edificio spirituale della cultura; una concezione che adibita correttamente è di una estrema fecondità metodica e deve essere salvaguardata nel modo più scrupoloso da ogni confusione con il materialismo metafisico. Del resto le molte forme non marxiste del socialismo mostrano che socialismo e marxismo non sono assolutamente identici.
  3. Per quel che riguarda, invece, i partiti socialisti bisogna distinguere tra la loro posizione nei riguardi del cristianesimo e la loro posizione nei riguardi del cristianesimo e la loro posizione nei riguardi della chiesa, tra singole parole di singoli rappresentanti e le opinioni formulate dai partiti, tra l’ideale e la sua realizzazione empirica. Queste differenziazioni che il cristianesimo, come ogni altro movimento spirituale richiede giustamente per il giudizio di se stesso, debbono essere riconosciute per amore di giustizia anche al socialismo.
  4. Senza dubbio il comportamento del socialismo nel passato e nel presente si presta a diverse critiche. Questo vale in modo particolare per i principi materialisti che sono penetrati nei circoli operai proprio dalla borghesia capitalista. Ma non sarebbe giusto rimproverare al socialismo il suo stato attuale con i suoi evidente malanni causati dalla guerra. Molto di ciò che viene momentaneamente  fatto da aderenti al socialismo in nome del socialismo, contrasta nel modo più evidentemente con l’idea socialista.
  5. Anche una quantità di dirigenti socialdemocratici, segnatamente della socialdemocrazia tedesca, alla fine del secolo scorso, ha fatto delle dichiarazioni che non solo rivelano inimicizia contro la chiesa, ma anche contro il cristianesimo e la religione in genere. Ma l’ateismo materialista non è un tratto essenziale del socialismo; piuttosto è una eredità della cultura borghese che venne assunto volentieri da molti socialdemocratici per motivi agitatori. Ma anche per molti dirigenti dell’attuale socialdemocrazia non è più un mistero che i metodi di lotta di partito usati finora hanno portato ad un vuoto e ad una mancanza di spirito all’interno del movimento. Perciò nei circoli viene sempre più fortemente rivelata e sempre più chiaramente nominata l’esigenza di una animazione etico-religiosa del socialismo, che il socialismo non sia solo una faccenda d’economia, ma soprattutto anche d’educazione.ìì
  6. La posizione della socialdemocrazia verso la chiesa è quella di una fondamentale indifferenza verso l’aderenza confessionale alla chiesa (“La religione è una faccenda privata”) e di un fondamentale rifiuto di ogni ingerenza nello stato da parte della chiesa, quindi una radicale applicazione del principio di tolleranza da una parte, del principio dello stato libero dalla religione, dall’altra. L’opposizione della socialdemocrazia si dirige solo contro quelle chiese statali attuali unite nel modo più stretto con l’ordinamento sociale borghese, capitalista e nazionalista, che nella maggior parte dei casi stavano dalla parte dei loro avversari e mostravano poca comprensione per la parentela dell’ideale socialista con l’etica dell’amore.
  7. Per quanto la radicale separazione di vita religiosa e statale possa andare incontro a dei ripensamenti da ambo le parti, per quanto la critica della socialdemocrazia alla chiesa attuale possa, per molte ragioni, essere sentita come ingiusta , tuttavia , per questo motivo non si è affatto autorizzati a tacciare la socialdemocrazia di ostilità di principio verso il cristianesimo; piuttosto la sua critica etica rassomiglia, per  molti aspetti, alla critica di quei circoli comunitari e settari ai quali si può rimproverare lo scismatismo ma non l’anticristianesimo.
  8. Per quel che riguarda, infine, l’atteggiamento rivoluzionario della socialdemocrazia, esso può essere considerato semplicemente anticristiano solo da colui per il quale il cristianesimo si identifica con luteranesimo. La chiesa riformata ha insegnato, a partire da Beza, che nel caso di mancanza dell’autorità superiore, la base ha il diritto di ribellarsi, un insegnamento al quale si deve la conservazione del protestantesimo olandese e inglese. Anche Tommaso d’Aquino ha riconosciuto il diritto e, con determinati presupposti, anche il dovere alla rivoluzione. Lo stesso luteranesimo avverso alle rivoluzioni  resistette all’imperatore nelle guerra smalcaldica e nella guerra dei trent’anni
  • I compiti della chiesa nei confronti del socialismo e dei suoi partiti
  1. Se, dunque, né nelle idee socialiste, né i partiti socialisti è contenuta una opposizione di fondo contro cristianesimo e chiesa, allora sorge la necessità di una posizione della chiesa nei confronti del socialismo e della socialdemocrazia.
  2. Volontà di riforma sociale cristiana non è ancora posizione positiva. Essa – senza volerne così misconoscere la relativa necessità – è un mezzo per la conservazione della forma sociale per principio capitalista, tramite l’abolizione degli abusi peggiori. Ma corrisponde più allo spirito dell’amore estirpare il male stesso che voler mitigare con misure parziali i dolori che esso sempre nuovamente causa; è uno scopo più elevato annientare le basi della miseria economica, che salvare dal peggio gli affamati con una “legislazione sociale”; è uno scopo più elevato impedire la possibilità di un egoismo economico, piuttosto che limitarlo con leggi protettive del lavoro oppure con l’appello al dovere di assistenza patriarcale. Ed è anche uno scopo più elevato distruggere la fonte della guerra con una lotta senza scrupoli dell’egoismo nazionale, con una organizzazione di diritto soprastatale, piuttosto che lenire le ferite della guerra con opere di carità. Per quanto l’assistenza e la legislazione sociale possano essere ora ed anche per un lungo tempo ancora insostituibili, tuttavia l’ideale di renderle superflue  deve essere riconosciuto anche da coloro che lo ritengono irrealizzabile; la chiesa, invece, deve far proprio questo ideale ed esigere la sua realizzazione in nome dell’amore cristiano.
  3. Inoltre, posizione positiva della chiesa nei confronti del socialismo non è il tentativo di guadagnare il mondo operaio per la chiesa attuale. Per quanto questo tentativo essere comprensibile, esso è altrettanto necessariamente condannato a fallire nella situazione attuale. L’operaio socialista vede giustamente nella chiesa attuale un alleato dello stato classista, capitalista e nelle sue istituzioni e forme di vita una creazione borghese. Se il cristianesimo facesse dipendere la sua posizione positiva nei confronti dei socialisti dalla loro partecipazione alla forma attuale di vita della chiesa, significherebbe imporre la legge della forma di vita borghese ai socialisti, come i giudeo-cristiani volevano imporre ai pagano-cristiani la legge del cerimoniale ebraico; significherebbe rinunciarvi del tutto. Del resto bisogna ricordarsi che il socialismo non è solo la causa degli operai, ma anche un nuovo ideale etico, che ha valore per tutti i ceti. Il problema viene rimandato se si cambia la questione “cristianesimo” e “socialismo” con la questione “chiesa e mondo operaio”. Del resto bisogna ricordarsi che il socialismo non è solo la causa degli operai, ma anche un nuovo ideale etico, che ha valore per tutti i ceti. Il problema viene rimandato se si cambia la questione “cristianesimo” e “socialismo” con la questione “chiesa e mondo operaio”.
  4. Se le due strade descritte non portano allo scopo, resta da solo la terza: rappresentanti  del  cristianesimo e della chiesa, che stanno nel campo socialista, entrano nel movimento per appianare la strada ad una futura unione tra cristianesimo ed ordinamento di società socialista. In ciò ci hanno preceduto i socialisti cristiani della Svizzera, di Olanda, dei paesi nordici, d’Inghilterra. In Germania il movimento corrispondente si trova ancora ai suoi inizi.
  5. Ma dalle direzioni delle chiese bisogna esigere che esse non frappongano alcun impedimento sulla strada di tutti coloro che percorrono questa nuova via difficile, sconosciuta, importante e a partire da una convinzione cristiana e socialista cercano l’unione di tutte e due in nuove forme di vita ecclesiastica e sociale, ma che piuttosto riconoscono che un movimento cristiano-socialista non solo deve essere sopportato nell’interesse del cristianesimo e della chiesa, ma deve esser  salutato favorevolmente. L’ulteriore sviluppo di questo movimento è di importanza decisiva per il futuro delle chiese tedesche evangeliche.
  6. Nella misura in cui il movimento cristiano-socialista si rafforza, potrà aumentare l’influsso sulla formazione della chiesa. Allora cresceranno dal movimento stesso le richieste positive e negative. Una cosa bisogna richiedere già ora, che nessuno, né parroco, né laico, deve essere allontanato dalla direzione della chiesa perché pensa socialisticamente. Solo allora vi è la prospettiva che l’abisso tra cristianesimo e socialismo può essere ricongiunto sulla base delle chiese esistenti. Altrimenti il movimento cristiano-socialista viene costretto dall’inizio su binari avversi alla chiesa.
  7. Non si potrà evitare il fatto che in questo modo si ravviveranno nella chiesa contrasti anche in campo etico. Questi contrasti erano stati finora evitati per il fatto che la chiesa si poneva in atteggiamento essenzialmente negativo nei confronti dell’idea etico-politico più affine all’etica cristiana, il socialismo , indotta a ciò naturalmente dall’atteggiamento ugualmente negativo dei rappresentanti di questo ideale nei confronti della chiesa. Ma l’immenso vantaggio della chiesa sulle sette è che essa può sopportare e rendere fruttuose l’unione del cristianesimo con il socialismo allora essa ha perduto il diritto di chiamarsi chiesa popolare in un popolo che quasi per la metà si è deciso per il socialismo; se, invece, assume il socialismo allora essa dovrà sopportare per il momento diverse difficoltà e per lungo tempo lotta e tensioni; ma avrà agito veramente cristianamente nei   riguardi di qui membri che in quanto socialisti devono opporsi alla sua forma attuale; avrà agito veramente ecclesiasticamente, non eliminando i contrasti, ma assumendoli in sé. A costo di nuovi paesi, di nuove tensioni si sarà assicurata la possibilità di adempiere la sua missione nel mondo.

BREVE PRESENTAZIONE DEI PRINCIPALI TERMINI TEOLOGICI

Se alla domanda: che cosa è il socialismo religioso, si è potuto rispondere convenientemente solo tramite la sua storia, la sua teologia – o meglio le sue teologie – non deve essere trascurata. Questo aspetto acquista anzi un significato particolare. Quando un partito ecclesiastico non si lascia identificare primariamente con la usa teologia, allora si pone in modo più drastico la domanda del ruolo che in esso spetta alla teologia.

Ma non si può più parlare convenientemente “della” teologia dei socialisti religiosi. Si dovrà piuttosto presentare una serie di termini teologici principali che si differenziano essenzialmente da un autore all’altro.

Li schizzeremo brevemente , in ordine , senza aver però la pretesa di presentare esaurientemente la teologia dei singoli autori.

HERMANN KUTTER: IL DIO VIVENTE

Hermann Kutter sottolinea nuovamente, con enfasi, l’importanza centrale e unica del Dio vivente. Egli giunge fino al punto di respingere ogni comprensione concettuale. Non si può incontrare il Dio vivente per via di concetti. Per Kutter questo significa cavillare in vuoti raggiri intellettuali. Poiché non c’è verità affianco a ciò che realmente accade. Perciò la realtà non può essere compresa da un pensiero distaccato per principio dalle cose. Ma allora come ci si può +avvicinare adeguatamente al Dio vivente? Kutter risponde: nel vivere ed esperimentare. Poiché “quel che è sempre e solo vero, quel che solo deve valere, è la stessa vita”. La vita è vita. Essa non riceve il suo significato da pensieri e concetti, ma porta in se stessa il senso della sua verità.

La vita si esplicita anche da se stessa, non ha bisogno di spiegazione. L’uomo solo può percepire, godere ed amare. Tutto quello che si pone davanti all’uomo come grandezza irrazionale e tutto ciò che in lui ama, questa è la vita. “E’ questo che è : l’immediato, la comunione degli uomini con Dio, amore in ogni strato del creato”.

Il Dio vivente esperimentato, dunque, senza meditazioni di alcun genere, come esperienza contingente; egli non è rapportato alla coscienza, ma compreso tramite l’atto immediato dell’essere. Poiché l’essenza delle cose sta nella loro vita, non nel loro concetto.

GEORGE WUENSCH: LA NCESSITA’ CHE MUTA L’INDIGENZA

Anche per Wuensch è proprio di Dio incontrare l’uomo nella contingenza. Anche egli non conosce un agire di Dio staccato dalla storia profana. E la realtà non si realizza tranquillamente ed egualmente in tutti i tempi, ma è movimentata. La realtà si  mostra in ogni momento diversa, con nuove richieste e nuovi compiti.

Diversamente da Kutter, però, Wuensch esperimenta la contingenza della realtà più attraverso la sofferenza che l’amore. Nella sofferenza egli sente la voce della storia che si rende percepibile nel rispettivo presente e che egli comprende contemporaneamente come voce di Dio e vocazione per un compito oggettivo. Wuensch cerca, dunque, di precisare la contingenza della realtà tramite “ciò che la rispettiva indigenza impone come tensione e contrasto. Tramite il comandamento dell’indigenza storica, profonda, Dio ci mette in rapporto con “ciò” che deve esser fatto”.

La volontà di Dio si mostra nello scorrere necessario della storia. Questo richiede obbedienza. Ne è metro d’indigenza che richiede mutazione. E anzi la riospettiva indigenza più grave. “Così la presenza deve essere scoperta con sforzi e ricerche diviene rivelazione di ciò che Dio vuole si debba fare”.

PAUL TILLICH: IL KAIROS

Per Paul Tillich la questione dell’assoluto diviene rilevante dove vi è decisione. L’assoluto  però, non diviene visibile in ogni decisione arbitraria, ma solo quando la decisione è concreta e giunge nella profondità dell’incondizionato. Perciò ne segue: non si può fa tutto in ogni tempo. Ma ogni tempo ha il proprio compito specifico in cui si si articola il suo senso specifico. Tillich descrive questo stato di cose come il carattere di Kairos del tempo.

Per lui il kairos è tempo adempiuto, vale a dire momento concreto, storico in cui si realizza la pienezza dei tempi in senso profetico. In esso avviene l’irrompere dell’eterno nel tempo. Il kairos, dunque, in qualche maniera è l’intervallo mutevole di tempo, ma il tempo in cui si compie la pienezza di significato in quanto tale. Considerare un tempo come kairos significa considerarlo nel senso di una decisione inevitabile, di una imprescindibile responsabilità.

Vi è una pienezza del tempo, poiché il momento storico è capace nella sua provvisorietà di cogliere il definitivo. Così vi sono momenti nel tempo “Quando la storia è divenuta matura per l’evento che non proviene da essa, che neppure viene gettato in essa come un corpo estraneo, ma che erompe in essa e può essere colto”. Il kairos è dunque quel momento che è pieno di contenuto e pretesa incondizionata. E’ il momento in cui si toccano il presente e il futuro, la santità data e richiesta. Così che dalla sua tensione concreta promana la nuova creazione. Nel kairos si realizza il contenuto santo nella debita forma.

L’agire secondo il kairos è incondizionatamente legato al destino e perciò incondizionatamente libero. E’ agire in direzione dell’utopia in ogni momento, nella sua lontananza dall’eternità. Agire secondo il kairos richiede perciò la strutturazione di forme finite come indirizzo verso l’incondizionato. L’agire deve indirizzare, ma non fissare. Così non può essere introdotto nel tempo come, per esempio la costruzione di una società che rappresenta fine e scopo. L’eterno è irruzione verso la quale si può indicare , ma non è qualcosa fissabile oggettivamente. Il richiamo all’incondizionato nella formazione dell’esistenza e della società avviene nell’atteggiamento del realismo credente; né realismo incredulo, né idealismo utopico vi sono capaci.

Il realismo credente considera la realtà sotto il segno dell’incondizionato. Solo così essa acquista il suo vero significato, sia tramite il rapporto all’assoluto, sia tramite la sua messa in questione come non eterna. Ne segue un incondizionato prender sul serio della situazione concreta. E solo quando la realtà viene considerata sotto la pretesa e la critica dell’assoluto, diviene possibile superare la decisione puramente soggettiva, irresponsabile. Solo la conoscenza e l’agire a partire dal kairos non si basano su un tempo arbitrario e causale, ma sul senso qualificante del tempo stesso.

LEONHARD RAGAZ: IL REGNO DI DIO

Si legga  sul sito Ecumenici alla pagina del teologo svizzero

CRISTIANESIM0 E FASCISMO SONO INCOMPATIBILI?

CRISTIANESIM0 E FASCISMO SONO INCOMPATIBILI?

Una dichiarazione dell’internazionale dei socialisti religiosi su nazionalismo e fascismo alla cristianità europea.

Come rappresentanti di un movimento, ai cui scopi appartiene il nuovo ordinamento della società nello spirito di Cristo e con le forze del regno di Dio, ci sentiamo profondamente turbati dalla crescente ondata di nazionalismo e fascismo nelle loro diverse forme e dal pericolo così aumentato della guerra civile e della guerra tra i popoli e obbligati dalla nostra coscienza ad indirizzare al riguardo una parola di ammonizione e di supplica soprattutto ai circoli cristiani.

Noi ci sforziamo in coscienza di non misconoscere il diritto e il senso più profondo del movimento fascista e nazionalsocialista. Esso è causato dalla necessità sia spirituale che economica della situazione mondiale contemporanea ed è un sintomo nuovo dell’insostenibilità della nostra situazione. Nelle sue forme più profonde è certamente anche una reazione salutare alla confusione e unilateralità del tempo. L’accentuazione dell’organico nella società, della nazionalità, della famiglia, della professione, della comunità solidale del popolo è giustificata nei confronti di ogni meccanicizzazione e uniformazione della vita e finché nel movimento viene risvegliata una lotta seria contro depravazioni mammonistiche e di altro genere della nostra civiltà, non possiamo non salutarlo come buon segno. La sua critica alla democrazia contemporanea, soprattutto al parlamentarismo e partitismo, è sicuramente anche troppo fondata. Ugualmente è più che comprensibile l’opposizione contro la schiavitù dei debiti dei paesi europei , sorta dalla guerra mondiale e ancora altre ingiustizia. Quando il movimento operaio socialista e gli Ebrei vengono appassionatamente e ingiustamente combattuti dal movimento , essi si esaminano tuttavia con quali mancanze ne offrono, forse il pretesto. E infine non si può misconoscere che tanto entusiasmo puro, giovanile e tanto schietto idealismo credono di trovare dei fini vitali più veri e nobili di quelli che dominano oggi, in questo movimento nazionalista e fascista. Da questi punti di vista possiamo vedere anche in esso un’ammonizione a riflettere profondamente sui fondamenti santi ed eterni della società, come di tutta la vita in genere.

Ma nell’aspirare conscio od inconscio ad un rinnovamento della vita da questi fondamenti, lì conduce, in errore e maledizione, proprio al modo che intendono abbandonare. Essi non conoscono alcun rimedio serio per l’indigenza materiale. I loro propositi economici sono in gran parte immaturi e puramente demagogici, oltre che di una povertà estrema e il loro socialismo è, presso i rappresentanti più importanti , solo un’esca per captare le masse per altri scopi. Perciò gli mancano le condizioni economiche come quelle spirituali per una costruzione organica della società meccanizzata, atomizzata e mammonizzata dal sistema di vita capitalista, e lo stato professionale come la comunità dei popoli e il superamento della lotta di classe sono una pura finzione su questa base. Una costrizione violenta di ciò di ciò che potrebbe crescere solo organicamente sottrae tutta la verità  al tentativo fascista. La democrazia viene difficilmente cambiata in meglio da un demagogia che nella sua unione di brutalità e raffinatezza supera tutto quel che si è visto fino ad ora. Anche la dittatura diviene così pura coronazione della demagogia. Nessun uomo serio vi può vedere la soluzione del problema dell’autorità e della guida il cui significato anche noi riconosciamo è proprio la democrazia. Esso non crea neppure un ordine genuino, ma solo un ordine apparente al quale segue solo il caos. E tanto meno il nazionalismo e il fascismo possono superare le depravazioni della civiltà contemporanea. A parte il fatto che, secondo l’esperienza, la dittatura diviene fonte della peggiore corruzione , questo movimento che divinizza gli istinti naturali , è propriamente privo delle condizioni spirituali per una tale unione del mondo, come è privo delle condizioni economiche poiché esso non vuole e non può scavare seriamente la fonte principale di questa corruzione, l’ordinamento capitalista. Ed infine esso vien meno proprio là dove ha il suo centro: il nazionalismo; volendo conservare e liberare il popolo, piuttosto lo distrugge secondo il detto che chi vuole conservare egoisticamente la propria vita la perde. La politica estera nazionalizzata porterebbe i popoli europei non alla liberazione ma al caos e alla rovina completa. Essa è un’utopia romantica, sorta dall’ignoranza, sì , piccineria pericolosa se non demagogia incosciente, di fronte alla realtà con la quale ci dobbiamo confrontare.

Ma quel che ci preoccupa in modo particolare è l’insopportabile contraddizione nella quale il movimento viene a trovarsi con tutti quei valori che noi intendiamo quando diciamo Cristo. Questo particolarmente evidente nel suo nazionalismo. Alla fine, questo diviene nel movimento una fanatica religione di autodivinizzazione popolare e razzista che non solo contraddice ad ogni verità storica ed ad ogni seria acquisizione scientifica, ma , in realtà, anche nella sua essenza, non ha più niente a che fare con Cristo, piuttosto riconduce molto chiaramente, dall’unico vero Dio e Padre di tutti gli uomini, alle divinità popolari del paganesimo nella sua forma peggiore e alla fine degenera in un culto demoniaco di Moloch. Il nostro cristianesimo, la nostra chiesa si sarebbero talmente allontanati dal sentire la fondamentale verità cristiana, da non vedere più ciò? Allora sarebbe venuta l’ora del loro tramonto. Come può il discepolo di Cristo accettare una superbia razzista che esclude gli uomini di altri popoli o razze da ogni cultura superiore, in modo particolare come può accettare la brutalità senza spirito del volgare antisemitismo, quando vale ancora la parola dell’apostolo: “Non vi è né Giudeo né Greco, né servo né libero né uomo né donna , ma essi sono tutti uno in Cristo Gesù”? Certamente, anche per un discepolo di Cristo, ogni natura, come creazione di Dio, ha il suo valore, quindi anche il sangue, la nazionalità, la razza, ma la natura deve essere liberata, dai demoni del cieco istinto, mediante forze che la superano e che trovano la loro più elevata espressione nella croce. Inoltre al di là del popolo e patria c’è il regno di Dio con i suoi santi ordinamenti. Obbedendo a queste forze, servendo al regno di Dio, popolo e patria diventeranno sani e grandi; servendo a se stessi diventeranno preda dei demoni,  diffonderanno maledizione e affonderanno essi stessi in questa maledizione.

Non ci si può ingannare sul vero carattere del movimento a causa dell’apparenza cristiana. A parte il fatto che la confessione cristiana. A parte il fatto che la confessione cristiana sulla loro bocca è spesso , secondo la loro stessa ammissione, solo e nuovamente demagogia , dunque il peggiore abuso del santo per scopi estranei, appare tuttavia chiaramente che essa muta sottomano la croce di Cristo nella svastica, dunque il segno dell’amore misericordioso e salvatore di Dio per tutti, nel segno dell’esclusivismo autosufficiente e superbo, anzi dell’odio e della violenza. Non è questa la peggiore bestemmia della croce che si possa mai penare? Voi rappresentanti della causa di Cristo non dovreste vedere ciò? Non dovreste vedere l’immenso pericolo per la causa di Cristo che è presente in questa confusione?

Quando il pensiero della violenza che è unito nel modo più intimo con questa idolatria del nazionalismo grida nel mondo il suo credo con una sfacciataggine mai vista, chi può essere così ottuso da non intenderlo come uno sfacciato ateismo? E’ il dispotismo imperiale che divinizza lo stato, che non lascia valere niente a fianco a sé, che non tollera alcun moto della coscienza autonoma ed opprime i suoi oppositori con violenza ed assassinio, come può coesistere con la pretesa della libertà del cristianesimo che è il palladio del protestantesimo e con la pretesa della signoria di Cristo su ogni vita che è il senso del cattolicesimo?

Svegliatevi, voi che vi siete lasciati abbagliare dall’inganno e dall’ebrezza nazionalista e fascista, rendetevi conto dell’abisso di fronte al quale vi trovate; svegliatevi alla verità di Cristo; ritornate da Cesare e Wotan a Cristo, dal fascio littorio alla corona di spine del Figlio dell’uomo e dalla svastica alla vera croce, alla quale , solamente, è promessa la vittoria sul mondo. L’alleanza del cristianesimo con il nazionalismo e il fascismo è defezione dalla verità di Cristo e un pericolo più grave di ogni altra aperta inimicizia contro la sua causa.

Se, dunque , questo movimento contiene da una parte molto diritto e verità, ma dall’altra questa va perduta in stoltezza, demagogia e smarrimento demoniaco, allora si pone chiaramente il compito di realizzarla in modo migliore. Questa strada migliore noi la vediamo nel ritorno dagli idoli di un mondo che sprofonda in sangue, caos e maledizione, a quel Dio vivente il cui cuore e la cui volontà ci si manifestano in Cristo. Egli è l’autorità sulla quale deve basarsi una società che vuole avere consistenza, ma è anche la libertà. L’indigenza economica come quella spirituale, la mancanza dello strettamente necessario, accanto all’abbondanza di beni , la disoccupazione accanto alla moltitudine di incarichi, la razionalizzazione senza scrupoli, disumanizzazione del lavoro, la meccanizzazione, l’atomizzazione e la mammonizzazione della vita con tutta la depravazione, l’appiattimento , l’impaludamento dell’essere umano che ne segue, possono essere solo superati da una conversione dal mammone a Dio, dalla merce all’anima, dal profitto all’uomo, dalla concorrenza al servizio reciproco, dalla depravazione di ogni vita in idolatria agli ordinamenti originari, redenti della creazione. Su questa strada risplendono nuovamente, ringiovaniti, gli scopi veri ed eterni per i quali vale la pena di impegnare la vita. Solo su questa strada si può giungere nuovamente ad una vera comunità di popoli, ad un lavoro sensato, ad una cultura nuovamente dotata di anima. Sul fondamento di un tale rinnovamento sociale e religioso , di una nuova fede e di un nuovo amore che diventano giustizia, può sorgere una nuova democrazia e una nuova guida. Le forme della democrazia possono mutare, il principio resta un adempimento necessario del messaggio della figliolanza divina e della fraternità degli uomini. Ma la strada per una nuova libertà dei popoli conduce, proprio attraverso l’abbandono della fede nella violenza e di egoismo nazionale, ad una comunità di popoli , sotto la cui protezione può prosperare pienamente ogni nazionalità. Questa svolta costituisce il presupposto per ogni vera liquidazione della guerra mondiale fra i popoli. Non l’abbattimento del movimento operaio socialista e il reinnalzamento di idoli abbattuti è il senso del momento storico e della nostra azione, ma una profana fusione delle forze sociali con quelle del rinnovamento religioso in una forza ed una corrente.

Comitato internazionale dei socialisti religiosi

(Sonntagsbalatt des arbeitenden Volkes, 48, 1930)

LA DIREZIONE NAZIONALE DELLA LEGA DEI SOCIALISTI RELIGIOSI SULLA DICHIARAZIONE PROGRAMMATICA DEL GOVERNO DEL REICH

L’appello, lodevole nella sua chiarezza, del nuovo governo von Papen all’atto dell’assunzione della responsabilità invoca le forze cristiane come unico fondamento benefico della vita pubblica. Esso rifiuta la decomposizione ad opera del “pensiero ateo-marxista”e spera un futuro migliore della nazione dai “fondamenti immutabili della visione cristiana del mondo”. Noi socialisti religiosi professiamo ugualmente la fede cristiana, per la cui più ampia realizzazione noi combattiamo. Ma proprio perciò noi dobbiamo seriamente respingere questo appello propagandistico al cristianesimo. Esso concorda nella condanna oggi comune del “pensiero ateo-marxista”, che fa perdere anche la più primitiva conoscenza del vero marxismo e non ha alcuna comprensione per il grido di disperazione verso la liberazione che viene da questo ateismo. Esso suscita fatalmente l’impressione che con  “la visione cristiana del mondo” debbono essere coperti i metodi economici capitalistici e gli interessi feudali e così la concezione sociale degli strati sociali dominanti prima della guerra. Questa specie di cristianesimo impedisce proprio ciò che l’appello auspica: il superamento dei contrasti di classe poiché questo cristianesimo è esso stesso condizionato classisticamente.

Noi ci sentiamo obbligati ad esprimere l’apprensione monitrice che sulla strada della dichiarazione del governo, cristianesimo e nazione falliscano in quel rinnovamento che essi esigono in questo tempo di crisi.

(Zeitschrift fuer Religion un Sozialismus  4, 1932, p. 193)

LA FEDERAZIONE DEI SOCIALISTI RELIGIOSI SULLA REAZIONE NELLA CHIESA (GENNAIO 1933)

Le chiese evangeliche di Germania sono sul punto di ripetere , aggravato, l’errore che esse fecero cento anni fa e del quale, da decenni, si lamentano tutti i loro rappresentanti.

In un accecamento di cui, evidentemente, esse non si rendono conto, si mettono a disposizione della reazione politico-culturale.

Esse, in verità, protestano contro singole misure della reazione, ma praticamente si mettono con tutto il loro influsso a disposizione di coloro che prendono tutte queste misure, che, per salvare il capitale, costringono in una miseria indicibile i vecchi, i malati, gli invalidi, i lavoratori a tempo ridotto, i disoccupati del nostro popolo e si oppongono ad ogni decisiva misura di aiuto di coloro quindi che rincarano il costo dell’alimentazione delle masse per amore della grande economia, che intendono sfruttare la situazione di indigenza del nostro popolo e specialmente della sua gioventù per costringerlo nuovamente alla schiavitù e all’educazione militarista  – chiese che si definiscono chiese evangeliche diventano sbirri della reazione.

Noi costatiamo che in questo modo il cristianesimo evangelico sta per adibire la sua organizzazione per l’autoannientamento . I rappresentanti di questo cristianesimo dipendono talmente da questo  modo di pensare della borghesia capitalista che essi non si accorgono dell’orrore dell’annientamento dell’uomo che oggi si perpetra.

Così le chiese risuonano di discorsi nello spirito di Hitler, Von Papen e Schleier. I governi ecclesiastici impugnano con forza le redini di un governo autoritario nei confronti dei parroci e addirittura degli insegnamenti di religione. L’attività degli insegnati di religione viene ricompensata dal 1918 con una ingratitudine completamente incomprensibile (ispezione sull’insegnamento di religione in Prussia). Invano il corpo insegnate delle scuole elementari e delle scuole superiori di Turingia attende una parola contro l’obbligo di coscienza del giuramento d’odio che il governo nazionalsocialista ha imposto agli insegnati e agli alunni. In Baden, la costituzione ecclesiastica viene ristrutturata per non far valere il voto del popolo e delle sue masse. In Prussia la chiesa è già dall’inizio organizzata in modo tale che i parroci con la loro cerchia la dominano completamente. In Turingia si pensa di fare lo stesso. Mentre in alcune chiese i parroci nazionalsocialisti possono svolgere attività politica senza il minimo impedimento, si esercita ogni possibile pressione contro l’attività dei parroci e dei gruppi religioso-socialisti. (Cfr. il caso Truckenbrodt ad Altenburg, il licenziamento del Dr. Wolf Mersewitz dal servizio ecclesiastico).

Gli uomini di sentimenti veramente cristiani si ritirarono sempre più da queste chiese. Ma questo è un errore! Recriminando contro la chiesa mostriamo quanto grande è il so influsso e che cosa essa significa!

Un popolo abbandonato completamente nella cura della sua vita spirituale e religiosa in una situazione così decisiva, guidato completamente nella direzione della superficialità, della cieca parzialità e degli interessi sociali, sarà necessariamente incapace a risolvere questioni serie. Il rinnovamento della chiesa e la riconduzione della chiesa ad un atteggiamento decisivo, vero, evangelico e cristiano è uno dei presupposti per un vero futuro del nostro popolo.

(Der religioese Sozialist 7, 1933)