Salmo 25 per Francesco e Fabio nuovi ingressi nella Meditazione Meeting Minutes e per il suo prof. De Benedetti i suoi studi e l’attività divulgativa della lingua e religione ebraica biblica.
1 Di Davide.
Signore, fammi giustizia:
nell’integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare.
2 Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco il cuore e la mente.
3 La tua bontà è davanti ai miei occhi
e nella tua verità dirigo i miei passi.
4 Non siedo con gli uomini mendaci
e non frequento i simulatori.
5 Odio l’alleanza dei malvagi,
non mi associo con gli empi.
6 Lavo nell’innocenza le mie mani
e giro attorno al tuo altare, Signore,
7 per far risuonare voci di lode
e per narrare tutte le tue meraviglie.
8 Signore, amo la casa dove dimori
e il luogo dove abita la tua gloria.
9 Non travolgermi insieme ai peccatori,
con gli uomini di sangue non perder la mia vita,
10 perché nelle loro mani è la perfidia,
la loro destra è piena di regali.
11 Integro è invece il mio cammino;
riscattami e abbi misericordia.
12 Il mio piede sta su terra piana;
nelle assemblee benedirò il Signore.
Atti del santo apostolo ed evangelista Giovanni il teologo 85
In gloria di Cristo
Dopo aver parlato così, Giovanni fece l’invocazione, prese il pane e lo portò al sepolcro per spezzarlo e disse:…
Glorifichiamo il tuo nome, che ci ha convertito dall’errore e dall’inganno crudele.
Glorifichiamo te, che hai mostrato ai nostri occhi tutto ciò che abbiamo visto.
Rendiamo testimonianza alla tua benevolenza, che si manifesta in molteplice guisa.
Lodiamo il tuo santo nome, Signore, che hai convinto quelli che hai voluto convincere.
Rendiamo grazie a te, signore Gesù Cristo, perchè crediamo nella grazia immutabile.
Rendiamo grazie a te, che ti sei servito della nostra natura per salvarla
Rendiamo grazie a te, che ci hai donato questa fede inflessibile, che tu sei dio ora e sempre.
Noi tuoi servi ti rendiamo grazie, radunati con retta intenzione e scelti dal mondo, o Santo.
Lessico cristiano: l’Universita del Sabato – la santità nel N.T.
…nell’adorazione del Dio trascendente, nella riconciliazione tra l’uomo e Dio operata da Gesù e nell’idea di una nuova creazione, come tempio dello Spirito Santo….
- La santità dell’ecclesia
Come già rivelato, la connessione fra la santità e il culto secondo il Nuovo Testamento si esprime non solo nel nome di Dio, ma anche nella comunità che prega e serve Dio.
Anche i n questo caso l’addentellato anticotestamentario è evidentissimo , Gerusalemme è e aghia polis (Mt 4,5; 27,53; Apoc 11,2) dove abita il gran re (Mt 5,35). Come il Sinai (Act 7,33) e il monte della trasfigurazione (2 Pet 1,18), così anche il tempio di Gerusalemme è un topos aghios (Mt 24,15; Act 6,13); anche Paolo, sebbene in senso traslato, definisce “santo” il tempio di Dio (1 Cor 3,17; Eph 2,21); essendo aghios, il tempio santifica l’offerta sacrificale (Mt 23,19). Oltre il culto anche la Scrittura è santa come documento costitutivo del popolo eletto (Rom 1,2); il suo fondamento è la legge di Mosé che si articola nei comandamenti ed è fondata sull’alleanza divina (Lc 1,72). E’ questa una concezione tipica dei sacerdoti e dei dottori delkla legge che da essi è passata nel N.T.
Il culto anticotestamentario, che costituisce l’addetellato e la premessa del nuovo, permane in Heb 8,5 e perciò anche l’aghios nel N.T. ha un significato nuovo e superiore: “penumatico”. Cristo come o aghios pais diventa il centro di un nuovo santuario, in quanto egli è sacerdote, vittima e tempio di Dio.
Il suo carattere sacerdotale è sottolineato soprattutto nella potente visione teologica della lettera agli Ebrei che è conforme alla concezione complessiva del N.T. Già la comunità di Gerusalemme attraverso l’aghios pais (Act 4,27.30) diventa un tempio dello Spirito Santo (4,31). Così in mezzo all’antico popolo di Dio ne sorge uno nuovo che in riferimento a Ex 19,6, può essere definito basileion ierateuma, ezos aghion e per il quale è valido l’antico participio: 1 Pet 1,16. Nella grandiosa visione storica di Paolo il concetto di Paolo il concetto di “popolo eletto” è svincolato dai suoi limiti nazionali e identificato con la chiesa di Cristo. Sulla santa radice dell’antico “popolo eletto” sono stati innestati i nuovi rami del mondo pagano (Rom 11,17), che da quella radice vengono santificati. La radice è evidentemente Cristo come in Rom 11,12, destinata a dominare sui pagani. Per tramite suo essa è stata santificata non solo nel “troco” (ossia nei fedeli convertiti dal giudaismo), ma anche gli innesti (ossia i convertiti dal paganesimo); Essi sono in 1 Cor 1,2. La politeia di Efph 2,12 attraverso Cristo è stata estesa a tutta la cristianità, sicché anche i cristiani di provenienza pagana sono edifizio eretto sulla pietra angolare, che è Cristo, e sul fondamento degli apostoli e dei rofeti. Gli aghioi appartengono alla politeia. Ristretto originariamente alla cristianità di provenienza giudaica – i cui membri negli Atti degli Apostoli vengono spesso definiti aghioi (Act 9,13.32.41; 26,10) – il popolo santo di Dio si estende poi fra i pagani.
E questa la ragione molto semplice per cui Paolo usa spesso l’aggettivo aghioi in riferimento sia ai membri della chiesa madre di Gerusalemme (Rom 15,25s; 1 Cor 16,1.15; 2 Cor 8,4 e passim) sia ai convertiti dal paganesimo (Rom 1,7; 1 Cor 1,2 e passim). Anche le singole ecclesiai sono sante insieme ai loro membri come parti dell’ecclesia agia xai amonos (Eph 5,27). In Paolo non si riscontra alcuna differenza di principio fra gli aghioi della comunità primitiva e quelli delle chiese di missione; infatti la loro santità deriva egualmente da Cristo, anche se il dato storico è ineliminabile. Per tutte le ecclesiai ton aghion vale lo stesso ordine (1 Cor 14,33), poiché esse sono parti organiche del corpo dell’ecclesia. Nell’indirizzo alle chiese è singolare l’espressione di Rom 1,7; 1 Cor 1,2), apposizione di ecclesia che in qualche modo individualizza il concetto tradizionale e veterotestamentario di miqra qodes (la radunanza sacra cultuale che i LXX in Ex 12,16, Lev 23,2 ss e passim traducono regolarmente con xletè aghia – concretum pro abstracto; anche Paolo parla di 2 Tim 1,9 Xlesis aghia che viene da Dio. Ma mentre nell’espressione veterotestamentaria l’accento batte su qodes, Paolo da rilievo soprattutto ai xletoi (Rom 1,16; 1 Cor 1,24). I cristiani infatti non sono aghioi per natura, ma per la chiamata di Dio.
Essi debbono il privilegio di essere membri della comunità “santa” alla chiamata della Grazie divina in Cristo ( Phil 1,1). Come aghioi essi appartengono a una comunità cultica che è fondata sul sacrificio di Cristo; in Col 3,12 essi sono stati eletti da Dio a far parte di questa comunità cultuale. In Act 20,32 è l’eredità di Dio che viene ripartita fra i “santificati” in modo che essi vi hanno parte. Così pure in Eph 1,18 si parla di una splendida ricchezza da riconoscere. Questo passo non può essere considerato separatamente da quello dalla lettera ai Colossesi in cui è detto che il Padre ha reso i cristiani idonei (Col 1,12) ; infatti xleros è la traduzione normale di nahala, mentre a meris corrisponde l’ebraico heleq “porzione”. La precisazione en to foti è aggiunta per contrasto e si riferisce quindi alla luce della grazia, non a quella della gloria celeste; l’ingresso nella Basileiadel vero e prorio erede è già avvenuto. Il diritto degli aghioi non è altro che il diritto ereditario del popolo di Dio proclamato dal Deuteronomia.
- La vita “santa” dei cristiani
Come la Chiesa è un naos aghios (1 Cor 3,17, Eph 2,21) così la vita dei cristiani dev’essere come descritta in Rom 12,1; 15,16). Paolo stesso, alludendo al suo martirio, si paragona a una libagione in aggiunta al sacrificio e all’offerta della fede della sua chiesa (Phil 2,17). Ma non solo la morte, bensì anche la vita terrena e fisica del cristiano è una tusia, applicabile ai cristiani singolarmente (Phil 4,21) oltre che nel loro complesso, riemerge l’aspetto cultuale. Alla tradizionale offerta materiale, distinta dalla persona dell’offerente, il cristianesimo sostituisce l’offerta personale del corpo, ossia della vita terrena, offerta che si identifica perciò con l’esistenza stessa dell’offerente. In questa concezione l’idea di santità rasenta quella di moralità; si tratta in realtà di concetti facilmente interscambiabili. Ma la moralità in relazione al sacrificio non si presenta come sedeq bensì come purezza (Lev 13,7; 14,23; Ez 44,23), conservando così un aspetto cultuale. Nell’offerta cristiana della vita personale vale il principio di Pindaro. La “purezza” predicata da Gesù nel discorso della montagna (Mt 5,8) ha un contenuto morale e questa accezione della parola è rimasta fondamentale e normativa per la cristianità originaria (1 Tim 1,5;2 Tim 2,22; Tit 1,15: Iac 1,27). La purità è innocenza (Act 18,6; 20,26). È la condizione morale dell’uomo distinta dalla moralità attiva, che si presenta come dixaiosune. La moralità cristiana non appare come nuovo modo di agire, ma soprattutto come un nuovo modo di essere, la cui migliore definizione è aghiaseos. (i concetti di “giustizia” e “santità” esprimono però due realtà distinte di cui il cristianesimo sottolinea la fondamentale differenza, contrariamente all’ellenismo che li associa).
Come aghioi sono destinati ad una vita che si realizza nella vita fisica di ognuno, ma anche nella carità reciproca. L’obbligo di fedeltà che i cristiani hanno verso Cristo vale anche nei riguardi dei fratelli in quanto aghioi (Eph 1,15 Philm 5); essa è in Gal 5,6 in cui essi devono servirsi reciprocamente (5,13). La chiesa di Cristo è costituita come da Eph 4,12; lo stesso Paolo sottolinea continuamente diaxonias tois aghiois (Rom 15,25; 1 Cor 16,15; 2 Cor 8,4; 9,1). Bisogna accogliere i santi in modo degno (Rom 16,2) e prender parte (Rom 16,2) e prender parte ai loro bisogni (12,13). La comunità dei santi riconciliati in Cristo e si servono reciprocamente (2 Cor 5,17); il santo bacio è il sigillo di questa comunità (1 Cor 16,20; 2 Cor 13,12; 1 Thess 5,26). Chi è in Cristo (1 Cor 1,2) irradia la sua santità sulle persone che gli sono più vicine, cosicché la donna è santificata dall’uomo, l’uomo nella donna e i figli di genitori cristiani sono aghia. Anche in questo caso ahios è usato in senso di condizione morale. Lo stesso vale per la vergine (1 Cor 7,34). L’opposto di questa moralità è la axatarsia (Mt 23,7; Rom 1,24; 6,19) che si concreta specialmente nei peccati sessuali del mondo pagano, a cui il N.T. attribuisce appunto l’axataroton (Act 10,14.28; 11,18; Eph 5,5), come già l’A.T. parla di eres tme a (Am 7,17; Hos 9,3). Anche questi passi – risentano essi o no dell’influsso ellenistico – confermano che la “santità” è sempre la condizione di innocenza, non l’azione morale. Ma questa condizione morale è strettamente connessa con il culto. Perciò in nessun caso si può tradurre aghiotes e aghios con “moralità” e “morale”, perché in questo modo si trascura la componente religiosa e cultuale del concetto.
Infine la “santità” è il criterio fondamentale e il principio costitutivo del giudizio finale , Infatti in 1 Cor 6,2. Poiché si parla di uomini e non di angeli, è da pensare che l’apostolo alluda al giudizio della ecclesia tou teou, alla quale sono state consegnate le chiavi del regno dei cieli (Mt 16,17; 18,18; Io 20,23) e quindi il potere di legare e sciogliere. Perciò la fede può essere definita aghiotate (Iudae 20), in quanto chi ha fede è al di fuori del “mondo” e non sarà giudicato.
- La Ecclesia trumphans.
- Come la Ecclesia militans, così anche la Ecclesia triumphans sta sotto il segno della santità. Ad essa appartengono gli esseri angelici, che già nell’A.T. vengono considerati “santi”. Gli aggheloi aghios sono un termine apocalittico ripreso dallo stesso Gesù (Mc 8,38; Lc 9,26) quando prospetta il ritorno del Figlio dell’uomo con gli angeli santi ricollegandosi al concetto dell’ultimo giudizio presente in Daniele (Dan 7,9 ss).
Un accenno agli angeli si trova sicuramente anche in 1 Thess 3,13. Infatti abbastanza spesso gli scritti apocalittici usano “santi” nel senso di “angeli”. Non si può escludere che, oltre agli angeli, negli aghioi siano comprese anche le anime beate dei giusti (4 Esdr 6,26). Più difficile è stabilire se 2 Thess 1.10 si riferisca agli angeli o ai cristiani. Poiché oi aghioi autou non ha evidentemente lo stesso significato di altro. E’ da pensare se che aghioi si riferisca agli angeli insieme ai quali Cristo compare l’ultimo giorno per essere ammirato da tutti i credenti. Del resto anche nel passo citato dei Salmi si parla evidentemente di angeli. Infine anche in un passo dell’apocalisse giovannea aghioi indica probabilmente gli esseri celesti. Infatti la successione nell’apostrafe di Apoc 18,20 si presenta logica soltanto se gli aghioi menzionati subito dopo il cielo e prima degli apostoli e dei profeti, pilastri del regno di Dio sulla terra (Eph 2,20; 3,5) sono i qaddise eljonin (Dan 7,18.21) ossia esseri celesti. Distruggendo la potenza di Babilonia Dio rende giustizia alla gerarchia degli esseri a lui fedeli rappresenta in cielo dagli angeli e in terra dagli apostoli e dai rofeti.
- Alla Ecclesia triumphans quale appare nell’Apocalisse appartengono anche gli uomini in quanto aghioi. E’ questo certamente il caso di Apoc 5,6 ss innalzate prima dai 24 vegliardi e poi da un angelo (8,3.4). In Apoc 11,18 questi “santi” vengono collocati fra i profeti e sono dunque evidentemente uomini. Poiché si parla del giudizio dei morti l’interpretazione migliore è che siano i profeti dell’A.T., dopo i quali gli aghioi costituiscono la ristretta cerchia della cristianità primitiva e i foboumenoi sono i convertiti dal paganesimo. E’ chiaro poi che si tratta di cristiani quando in Apoc 14,12 si parla della loro costanza. Si può pensare che gli aghioi siano i martiri dell’era apostolica, come Pietro e Paolo, distinti dagli altri nei quali saranno da ravvisare le vittime delle persecuzione di Nerone, ossia i martiri della chiesa di Roma.
Meno definita è l’espressione mancante dell’articolo in 18,24. Infatti in questi casi non vi è nessun riferimento locale a Roma. La posizione alternata di profetai e aghioi non indica una successione gerarchica cronologica; forse i profetai sono i profeti dell’Antico e del Nuovo Testamento, ai quali vengono associati gli aghioi (i martiri cristiani) e i martiri in genere. Nel periodo di transizione successivo alla prima resurrezione cade l’attacco di Gog e Mogog di 20,9. L’accampamento degli aghoi, a giudicare dal precedente di Ezechiele (Ezech 38 s ), può essere soltanto Gerusalemme, sicché probabilmente esso simboleggia la cristianità primitiva. Infine si riferisce alla distinzione fra i buoni e i cattivi (22,11). Data l’eccezione comune del termine aghizein il significato non è tanto “si santifichi”, in quanto “sia santificato” da Dio. Dixaios e aghios esprimono le qualità che contraddistinguono il cristiano nell’epoca finale.
Possiamo quindi concludere che il fondamentale carattere cultico del concetto di “santità” non è mai venuto meno né nell’Antico Testamento che nel Nuovo. Tanto nell’uno che nell’altro la concezione del “popolo di Dio” implica un elemento cultuale che viene, sì trasformato e spiritualizzato, ma non scompare mai completamente. Esso è presente, infatti, nell’adorazione del Dio trascendente, nella riconciliazione tra l’uomo e Dio operata da Gesù e nell’idea di una nuova creazione, come tempio dello Spirito Santo. Il concetto di “Santità” ha quindi per il cristianesimo un valore essenziale e determinante.
Segue settimana prossima il termine Agnoeo = non sapere, ignorare.